Uno spettro vaga per il Tribunale di Palermo… E se fosse il futuro candidato a sindaco?

Avremmo anche accettato l’idea della visita di un fantasma nell’antico Tribunale di Palermo, Palazzo Steri, da cui prende il nome l’omonimo Mandamento. Dalle segrete della Santa Inquisizione sarebbe anche stato possibile veder sgusciare l’anima in pena di una donna vestita di bianco e con un drappo rosso al collo. La Sovrintendenza avrebbe avviato ricerche e il Magnifico Rettore avrebbe certamente utilizzato le diafane fattezze dell’ectoplasma per un nuovo marketing dell’Ateneo: All’Università di Palermo ci si iscrive anche dall’(altro) mondo.
Apprendere invece che la fatale apparizione si sia materializzata nell’imponente quanto anonimo edificio di Piazza Orlando (Vittorio Emanuele, che fu Presidente del Consiglio, ovviamente) lascia un po’ d’amaro in bocca. Il Palazzo di Giustizia di Palermo è un edificio di stile razionalista. L’edificio venne progettato dagli architetti Ernesto e Gaetano Rapisardi negli anni Trenta del Novecento seguendo l’allora corrente razionalistica tipica del periodo fascista. La costruzione iniziò nel 1938, ma per ovvi motivi bellici si interruppe quasi subito.
I lavori ripresero negli anni Cinquanta e terminarono nel 1957. Per la costruzione del palazzo venne abbattuto il Bastione di Aragona al quartiere del Capo e delle costruzioni adiacenti. Tra queste costruzioni era compreso lo stabilimento Gulì che era stato costruito nel 1882. Nello spiazzo antistante l’edificio è stato ultimato nel 2009 un parcheggio multipiano sotterraneo, mentre in superficie è stata ripristinata la vista delle fondamenta dell’ antico Bastione di Aragona”. (da wikipedia). In verità, l’area su cui oggi sorge il Palazzo era proprio una porzione del Bastione e si collegava all’impianto difensivo cinquecentesco, in cui si apriva più avanti la Porta Carini, mediante cunicoli e passaggi sotterranei, utilizzati come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale, in particolare durante il tragico bombardamento del 9 maggio 1943.
Un carabiniere ha affermato di essere stato testimone oculare dell’evento e, comprendendo la noia del pattugliamento notturno e magari il pensiero alla morosa lontana, lasciamo in sospeso ogni giudizio. Molto di più ci sta a cuore il sentimento popolare che, da sempre attento all’interpretazione di fenomeni siffatti (siamo un popolo di ermeneuti), si sta arrovellando sul mistero, formulando le ipotesi più fantasiose. E’ il fantasma di una donna condannata ingiustamente? E’ lo spettro della Giustizia di Catania in cerca della Verità almeno a Palermo? Si tratta del lemure delle vendetta per la giustizia tardiva o negata a migliaia di ricorrenti civili e penali, passati, nel frattempo, anch’essi a miglior vita? Oppure va interpretato come un segno nefasto? Un avvertimento circa terribili eventi? Un ammonimento all’intera città della Giustizia nelle sue molteplici componenti? E’, infine, se consultassimo al riguardo (e a pagamento) l’immenso Vittorio Sgarbi o il debordante Philippe Daverio cosa ci direbbero circa i simboli ravvisati nel vestiario dell’occulto ospite, dall’occhiuto tutore dell’ordine?
Ancora:quella sconcertante contemporanea presenza di una sciarpa rossa sul candido abito sarà il presagio di futuri equilibri nei governi locali? Una virgola scarlatta sul nuovo libro bianco della Città? Ciò che resta del labaro del Cremlino posto al collo del Bianco Fiore? Non sappiamo, ma ci aspettiamo consistenti giocate nella mitica Ricevitoria di via Papireto, già in passato favorita dalla sorte. Per parte nostra, preferiamo propendere per un ‘azzardata previsione che riguarda da vicino questa nostra disastrata Città: ci aspettiamo che il fenomeno si ripeta e che, inconsistenza tra le inconsistenze, ci ritroveremo anche qualche altro fantasma candidato a Sindaco di Palermo. Nel frattempo provvediamo a sfogliare le Pagine Gialle (esistono ancora?) in cerca di un paio di ghostbusters nostrani (che fa fare la disoccupazione!) da assumere con “contratto a progetto”. Sarà sempre meglio che “istituire una commissione”.

 

Loris Sanlorenzo

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