Uniti (comparto e dirigenza) si vince

Rincresce dovere constatare che nonostante il deteriorarsi della situazione dei dipendenti regionali tutti, vi sia ancora chi, piuttosto che prendersela con la controparte, continua ad attaccare la dirigenza, creando una conflittualità sterile e suicida. La frattura del personale regionale contribuisce a dare un alibi alla controparte per mantenere, se non addirittura peggiorare, l’attuale situazione in cui versa l’amministrazione, sostenendo che nulla si può fare per i dirigenti per non irritare il comparto e viceversa.
Evidentemente persistono sentimenti di rabbia, invidia e rancore che sono male indirizzati e che potrebbero certamente essere usati in modo più costruttivo. Spesso si dimentica che un dirigente è laureato e che per conseguire il titolo necessario ha dovuto ritardare il suo ingresso nel mondo del lavoro di almeno sette anni (5 di università più almeno un paio in attesa di espletare il concorso o comunque di essere assunto), rinunciando al relativo stipendio e trovandosi oggi con un’anzianità pensionistica ridotta rispetto a quella di gran parte dei colleghi del comparto e si sa di questi tempi quanto vale un anno in più di lavoro.
Vorrei sgombrare il campo dalle voci di fantozziana memoria relative agli aumenti salariali che verrebbero corrisposti ai dirigenti con il rinnovo dei contratti arretrati da ben sette anni. Innanzitutto sarebbe interessante comprendere come si arriva alla cifra recentemente circolata di 500. Ma partiamo pure da questa cifra di 500 euro, che naturalmente sono medi, lordi e svalutati. Considerato che il contratto riguarda anche i Dirigenti Generali, i Dirigenti superiori, Ispettori, ecc. un Dirigente di terza fascia riceverà al massimo 350 Euro lordi e svalutati. Da questi 350 euro togliamo il 40% di imposta e siamo a 210 euro svalutati.
Come tutti sappiamo quello che conta non è quanto guadagni (valore nominale) ma cosa puoi comprare con quel guadagno (valore reale). Considerato che il contratto avrebbe dovuto essere rinnovato e le cifre corrisposte ben sette anni fa, tenendo conto di un’inflazione reale (non quella artatamente dichiarata dai governi che hanno un fortissimo interesse a sminuirla) di almeno il 3,5% annuo, per un totale quindi di approssimativamente 25% ecco che i famosi 500 euro diventano appena 157,5, cioè 22,5 euro l’anno, cui si aggiunge una forte pressione dell’Aran per una modifica della parte giuridica del contratto, che determinerebbe di fatto una diminuzione dei compensi a valere sulla parte variabile, chissà, magari pari a un centinaio di euro.
Ciò chiarito, ritengo che il malessere dei dipendenti regionali sia generalizzato, che tutti, dirigenti e comparto, siano ben consapevoli che l’efficienza della macchina amministrativa passa necessariamente da una riorganizzazione complessiva che superi le numerose contraddizioni, armonizzi compiti e ruoli e permetta di lavorare insieme armonicamente.
Ritengo che sia giunto il momento di mettere da parte inutili conflittualità interne, spesso determinate da preconcetti, dalla mancata conoscenza delle altrui problematiche ed alimentata da chi la utilizza come strumento per indebolire i lavoratori ed alibi per non agire e che forti di questa nuova unità, insieme, si inizi a costruire un percorso nuovo che ci permetta di affrontare con pari dignità la controparte e con essa discutere e non subire, contrastando iniziative folli e deleterie, quali quelle sulla mobilità arbitraria del personale regionale verso i Comuni.
È giunto il momento di comprendere che, parafrasando un vecchio slogan, solo uniti si vince.

 

Giuseppe Anzaldi

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