Unioni civili, il registro della discordia «Cortocircuito tra elettorato e maggioranza»

«Riguarda anche fratelli e sorelle», «Permette le adozioni gay», «È incostituzionale». La confusione sul registro delle unioni civili regna sovrana tra i cittadini come tra gli amministratori e rischia di mandare allo sbaraglio la maggioranza del sindaco Enzo Bianco. L’ultimo atto si è compiuto ieri durante il consiglio della prima municipalità. L’assemblea – l’unica tra le sei circoscrizioni che ha scelto di farlo – ha votato un parere non vincolante sull’istituzione del registro. Un regolamento promesso in campagna elettorale da Bianco, ribadito poco dopo la sua elezione durante il gay pride cittadino e portato al vaglio dell’ottava commissione consiliare permanente ai Servizi sociali. Oltre a quello di Arcigay, durante le audizioni guidate dalla consigliera presidente Erika Marco sono stati ascoltati i pareri di Arci, del forum della famiglia, alcune parrocchie e il Laboratorio per la città dell’ufficio diocesano. Ma adesso, giunti quasi in vista del passaggio al consiglio comunale, la maggioranza si spacca sul tema.

Protagonisti della scissione i membri di Articolo 4 i cui vertici avrebbero imposto il veto. «Non mettiamola sul lato politico», ripete Mario Tomasello al termine della votazione. «Devo capire se i gruppi consiliari di maggioranza voteranno favorevolmente a questa proposta», ribatte Matteo Iannitti di Catania bene comune, uno dei movimenti che – assieme ad altre realtà come Arcigay, Thamaia, Le voltapagina, Movimento 5 stelle e Sel – si sono unite in un Comitato civico per i diritti civili. «Questo consiglio municipale può rappresentare quello che accadrà domani in consiglio comunale», spiega Iannitti, che chiede: «Il partito, su questo tema, si è espresso o avete votato secondo coscienza?». «Secondo coscienza», risponde Tomasello, negando la presenza di un’indicazione di voto.

Il consiglio di municipalità è uscito spaccato dalla votazione. Cinque i voti favorevoli, sei i contrari – tra i quali spiccano quelli dell’area di maggioranza di Grande Catania con Monica Pizzino e Alessia Trovato e Articolo 4 con Tomasello – e un astenuto, Angelo Marchese, anche questo esponente della maggioranza con Primavera per Catania. Le dichiarazioni di voto in qualche caso riflettono quelli che sono i pregiudizi sulla questione. «È un atto incostituzionale», afferma con foga Dario Bussolari di area centrodestra. «Le coppie hanno già la possibilità di acquisire diritti tramite il negozio del matrimonio», snocciola la formula rapidamente. Quanto alle coppie omosessuali – che, ammette quasi con imbarazzo, «non so come si definiscano» – possono fare ricorso agli atti notarili.

A lui ribatte Enrico Smeraldo del Megafono che legge l’articolo 3 della Costituzione e, riferendosi al collega, parla di una dichiarazione di voto nella quale si intravedono cenni di discriminazione. Davide Ruffino (Partito democratico) spiega come votare favorevolmente sia per lui «avere una situazione di normalità. Dobbiamo avere gli stessi diritti». Dello stesso parere il presidente della municipalità Salvatore Romano che parla di un «segnale di civiltà».

La votazione si consuma velocemente, la proposta viene respinta e Bussolari esclama un «viva Sant’Agata» che lascia perplessi i membri del comitato civico. Una decina di loro, già dal mattino, hanno presidiato la sede di via Zurria distribuendo un volantino nel quale si rendono chiari cosa prevede il registro delle unioni civili. Molte sono le inesattezze che caratterizzano l’argomento: permetterebbero l’unione tra fratelli – «quello è incesto», esclamano a più voci e inorriditi -, garantirebbe l’adozione gay, è come il matrimonio. «Non toglie alcun diritto, semplicemente ne aggiunge qualcuno per chi ne è escluso», afferma con semplicità Alessandro Motta, presidente di Arcigay, che parla di un «cortocircuito che si è creato tra la maggioranza e l’elettorato». E, riferendosi al quartiere nel quale la sede della municipalità si trova, «basterebbe ricordare che molti cittadini di questa circoscrizione sono coppie di fatto», sottolinea Enza Venezia di Sel.

Carmen Valisano

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