Tornano a tremare i dipendenti Unicredit delle 129 filiali sparse per la provincia di Palermo. Secondo i sindacati il nuovo accordo sui 3900 esuberi previsti dal piano industriale prevede che almeno il 10/15 per cento dei tagli del personale e delle dipendenze si registrerà nell’isola, dove Unicredit ha circa 360 filiali in Sicilia e poco più di quattromila dipendenti. E il rischio maggiore è proprio per il capoluogo siciliano e per le 79 filiali cittadine, dove le proporzioni stimate dai sindacati rimangono uguali alle proiezioni regionali. «Al momento non ci sono molti dati certi – afferma Giuseppe Angelini, segretario nazionale Fabi – ma quel che è certo è che i vertici Unicredit preferiscono puntare sulla chiusura delle agenzie nelle grandi città piuttosto che nei piccoli centri di provincia».
Un allarme che arriva all’indomani dell’accordo nazionale firmato tra Unicredit e sindacati – giunto dopo una riunione no stop notturna, al culmine di concitate trattative durate alcuni giorni – che prevede la volontarietà delle uscite, che saranno incentivate, in cambio 1300 assunzioni. Previsti anche il turnover nel rapporto di un’assunzione ogni tre uscite e la stabilizzazione di 600 contratti di apprendistato.
«Tra qualche settimana avremo le indicazioni su quali agenzie chiuderanno in città – dice ancora Angelini -. Basta entrare in una qualsiasi di esse per accorgersi che l’età media dei dipendenti è molto elevata. Ma la scelta di chi vorrà andar via sarà comunque volontaria, quindi alle prima espressioni di consenso sapremo quanti saranno i dipendenti palermitani che decideranno di lasciar spazio ad altri».
La necessità del turnover viene confermata da Gabriele Urzì, segretario nazionale di Gruppo First Cisl. «In Sicilia da circa dieci anni non si assume nessuno – afferma il sindacalista – Il nuovo modello di banca richiede invece nuova forza lavoro, visti i modelli di business sempre più specializzati, servizi personalizzati, coordinamento più snello, canali di vendita più focalizzati, razionalizzazione di processi e migrazione verso canali evoluti: non si può sentire parlare di digitalizzazione e pensare di non immettere nuove risorse a sostegno di questi processi in Sicilia».
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