Un’amicizia speciale nata nella stanza di un ospedale «Non era compito mio ma lo rifarei altre mille volte»

«Non era mio compito fare tutto quello che ho fatto, ma lo rifarei altre mille volte». Laura Scolari, giovane consigliera comunale di Carlentini, molto attiva anche nel mondo dell’associazionismo, racconta a MeridioNews l’amicizia nata con Amadou, un migrante gambiano giunto al porto di Augusta a bordo di un barcone, nel 2017, quando era ancora minorenne

«Quando è arrivato era ferito, perché aveva subito un’operazione in Libia a seguito di una violenta rapina. Io l’ho conosciuto all’ospedale di Augusta – ricorda – dove andavo a trovare mio cugino che si trovava ricoverato nella sua stessa stanza. In quel periodo stavo facendo un corso di inglese per prepararmi al mio viaggio in America, e così ho iniziato a parlare con Amadou per esercitarmi con la lingua straniera. Una cosa che ho notato subito è che era da solo, non veniva a trovarlo nessuno e il suo comodino era completamente vuoto». 

Da lì a poco, Laura scopre che il ragazzo deve essere operato ma i medici non possono procedere perché, secondo quanto sostiene la giovane, mancavano le opportune autorizzazioni del tutore. «Io – spiega Scolari – non avevo mai parlato coi medici per non invadere la sua privacy, ma non potevo più stare con le mani in tasca, così ho chiesto delle spiegazioni facendo da tramite con i sanitari perché lui non capiva quello che gli veniva detto, e finalmente ho scoperto che mancava la firma del tutore, che a quanto pare era fuori sede. Mi sono chiesta cosa potevo fare e ho cominciato a scrivere ai servizi sociali». 

Passano i mesi e il quattro settembre Amadou entra finalmente in sala operatoria. Nel frattempo Laura viene supportata anche da alcune parrocchie, che forniscono gli indumenti per il migrante. «Io gli avevo già portato lo spazzolino, il dentifricio, alcune tovaglie, l’intimo, facendomi aiutare anche da amici e parenti – prosegue – e quando lo andavo a trovare gli portavo sempre delle merendine o un pezzo di tavola calda. Abbiamo fatto amicizia giorno dopo giorno: lui mi ha raccontato la sua storia, mi ha detto che proviene da una famiglia povera e mi ha mostrato delle foto, io gli ho fatto qualche lezione di italiano, non ero abituata a questa forma di volontariato improvvisato – rivela – ma devo dire che lui mi ha sempre rispettata, non mi ha mai chiesto soldi né si è comportato male con me, tant’è che mi sono fidata e gli ho prestato il mio telefono per contattare i suoi familiari. Mi metteva tristezza pensare che questo ragazzo aspettava l’intervento da solo, senza l’affetto di sua madre».

L’amicizia continua anche fuori dall’ospedale, con Laura che lo va a trovare in un centro accoglienza di Augusta dove Amadou è stato ospitato da settembre a gennaio 2018, fino cioè al suo trasferimento presso uno Sprar di Francofonte. Arrivano così le prime passeggiate a Catania, le giornate a mare e perfino la prima volta sulle scale mobili, che il ragazzo non aveva mai visto. Ma anche le prime, ironiche delusioni, come la volta in cui il giovane si è fatto trovare con una sciarpa della Juventus, pur sapendo che Laura tifasse per un’altra squadra. 

«Il 2018 è stato l’anno del suo diciottesimo compleanno, che gli ho festeggiato con la torta insieme ai suoi amici – sottolinea – ma anche l’anno della mia campagna elettorale per le elezioni comunali di Carlentini. Ho scoperto che la pazzia, che io paragono al coraggio, è la parte migliore di me. Grazie a questa esperienza mi sono accorta che attorno a me ci sono belle persone ma anche molti razzisti, ho notato che quando uscivamo la gente lo guardava stranamente, pur essendo la nostra una terra di emigrati, ancora c’è qualcuno con la mentalità molto arretrata. Sono felice di aver fatto tutto ciò, pur avendo rinunciato molte volte alla mia libertà. È stato emozionante ma allo stesso tempo molto stancante». 

L’amicizia è andata avanti fino alla scorsa settimana, quando Amadou «ha lasciato Francofonte per cercare un futuro migliore. L’ho accompagnato io alla stazione il giorno della sua partenza – conclude Laura – ero molto triste, e anche lui devo dire si è commosso quando ci siamo salutati perché non è sicuro che ci rivedremo. Spero solo di essere stata una buona amica e di avergli insegnato qualcosa di buono».

Danilo Daquino

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