Una via in memoria di don Benzi. Arcigay: «Omofobo» Assessore: «Strada in zona industriale, non è via Etnea»

«L’omosessuale congenito, cioè per natura, quasi non esiste». E laddove esistono «l’uomo può controllare la propria sessualità e dirigerla verso la donna e la donna verso l’uomo». Sono solo alcune delle dichiarazioni fatte nel corso della vita da don Oreste Benzi, il sacerdote romagnolo fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII morto nel 2007. A lui il Comune di Catania ha deciso di intitolare una strada. Il suo nome fa parte della rosa  individuata dalla commissione toponomastica per dare un’identità a zone della città che ne sono sprovviste. Oltre a Benzi ci sono imprenditori, politici – la deputata della prima legislatura della storia repubblicana d’Italia – Maria Nicotra Fiorini e persino lo scrittore J.R.R. Tolkien, l’autore del Signore degli anelli.

Tra tutti, però, è quello di Benzi a essere potenzialmente più esposto a critiche. Il prelato, infatti, non ha mai fatto mistero delle proprie posizioni in materia di omosessualità. Idee che stridono con la scelta di dedicare spazi pubblici, specialmente in un periodo in cui si discute di leggi sulla omotransfobia. «Benzi si è sempre schierato contro la nostra comunità con frasi violente – commenta a MeridioNews Armando Caravini, di ArciGay Catania – sostenendo che l’omosessualità era un vizio da curare. Che quella femminile era solo una questione di ormoni che poteva essere corretta». Parole che per Caravini hanno avuto un peso che non può essere dimenticato. «Quelle frasi hanno generato dolore, specialmente negli omosessuali credenti e cattolici – continua -. Il Comune di Catania ancora una volta dimostra di essere anni luce dalla civiltà e di essere contro la nostra comunità, da questa amministrazione non potevamo aspettarci nulla di più». Per ArciGay, l’intitolazione a don Benzi rappresenta uno scivolone che ribadisce «come questa giunta rappresenti la destra più becera a livello europeo, perché – sottolinea – le politiche Lgbqt non hanno colore politico, in Europa esistono destre liberali che hanno anche legiferato in materia di diritti civili».

A guidare la commissione toponomastica, di cui fanno parte i consiglieri Alessandro Campisi, Nino Penna e Graziano Bonaccorsi e i professori Silvana Raffaele, Orazio Licciardello e Marco Leonardi, è l’assessore Alessandro Porto. «La questione delle posizioni di don Benzi sull’omosessualità non è venuta fuori nel corso dell’esame delle proposte di intitolazione – ammette l’esponente della giunta attualmente guidata dal vicesindaco Roberto Bonaccorsi, dopo la sospensione del sindaco Salvo Pogliese -. Parliamo in ogni caso di una figura, un sacerdote, che ha fatto anche tanto bene per la società». Porto prova poi a smorzare le polemiche puntando sulla geografia. «La via don Benzi sarà nella zona industriale, non certo al centro della città – continua – A fare la proposta è stata l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII che da quelle parti hanno una delle loro sedi».

Una battuta, infine, sulle critiche provenienti da ArciGay. «Potevano fare questi rilievi prima. Se ne erano a conoscenza? Non so, in ogni caso adesso la rosa dei nomi verrà inviata alla prefettura. Se qualcuno vorrà avanzare le proprie perplessità – conclude l’assessore – lo potrà fare in quella sede». 

***
Riceviamo e pubblichiamo dalla Comunità Papa Giovanni XXIII:

Non corrisponde al vero che don Oreste Benzi fosse una persona omofoba, con sentimenti di avversione verso le persone omosessuali, come riportato dalla vostra testata nel titolo in prima pagina di oggi. A tal riguardo segnalo l’intervista allo stesso don Benzi sul tema dell’omosessualità riportata nel recente libro “Ribellatevi!” (ed. Sempre, 2019) di Pasqualini e Zamboni. Nell’intervista sono presenti sia le citazioni riportate nel vostro articolo, sia la seguente che però è stata omessa.
Cito testualmente:
«D: Se un omosessuale venisse da te (don Benzi, ndr) per chiederti un consiglio a livello spirituale, come sacerdote cosa gli risponderesti?
R (di don Benzi, ndr): Prima di tutto vorrei essergli tanto fratello, padre e amico e fargli sentire che non è una persona di serie B o di serie C ma da valorizzare al massimo. Non gli farei prediche ma gli indicherei la via della vita, soprattutto dandogli un sostegno profondo, pieno. L’essere umano sente il bisogno di una relazione vitale, piena, completa, di rispetto. C’è tutta una cultura, purtroppo, che ha caratterizzato l’omosessuale come un qualcosa, qualcuno di strano, di diverso. Parlando a tu per tu scopri che l’omosessuale desidera superare la carnalità ed entrare nella visione più ampia, più vasta, in un infinito d’amore. Anche l’omosessuale ha bisogno di amare all’infinito».

Sempre sul tema, segnalo che in occasione della discussione in Parlamento sul disegno di legge sui c.d. “Dico” nel 2007 don Benzi dichiarò: «Io che vivo in mezzo al vasto mondo dell’emarginazione, mi rivolgo a voi fratelli e sorelle che vi ritenete omosessuali. Voi avete detto di sì a Cristo e alla Chiesa, siete fedeli alla castità, siete un segno luminoso di speranza alla vostra fedeltà».
Parole che mostrano come don Oreste Benzi, nel suo articolato pensiero sull’omosessualità, non solo non avesse alcuna avversione nei confronti delle persone con orientamento omosessuale, ma al contrario mostrasse nei loro confronti rispetto, compassione e sensibilità.

A queste parole si aggiungono poi i fatti. Don Oreste Benzi ospitò nelle case di accoglienza decine e decine di persone con orientamento omosessuale e persone transessuali per lo più vittime di tratta per sfruttamento sessuale. Ancora oggi come in passato, la Comunità Papa Giovanni XXIII accoglie persone omosessuali e transessuali, favorendo la loro integrazione attraverso il dialogo e l’incontro delle diversità. L’orientamento sessuale non era motivo di discriminazione per Don Oreste Benzi come non lo è oggi per la Comunità.
Definirlo “omofobo” è un falso storico, immagino frutto della scarsa conoscenza delle opere e della vita di Don Benzi, una vita spesa a costruire ponti e ad abbattere i muri, non ad erigerli.

Simone Olivelli

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