Una proposta per la Gesip per dire “basta” allo scarica-barile

Da alcune settimane assistiamo a quello che non è esagerato definire il ‘balletto della Gesip’. In tanti sembrano interessati a trovare soluzioni per gli oltre mille e 800 dipendenti di questa società. Ma, a parte qualche proposta intelligente – come quella di risparmiare l’Iva – di concreto c’è ben poco.  Solo chiacchiere e il solito ‘scarica-barile’.

Su questa società ‘inventata’ dal Comune di Palermo tra la fine del 2001 e i primi mesi del 2002, va detta la verità. O meglio: la verità dei numeri. Per pagare le retribuzioni a questi lavoratori servono da 60 a 70 milioni di euro all’anno. Trovando una formula per risparmiare il pagamento dell’Iva, si può arrivare a un risparmio del 20 per cento circa. Ma questo – sempre con i numeri alla mano – non risolve il problema.

Il Comune di Palermo, grazie alla gestione dissennata della passata amministrazione comunale, ha le ‘casse’ vuote. La Regione siciliana ha un ‘buco’ di 6 miliardi di euro e il nuovo presidente della Regione, Rosario Crocetta, avrà il suo da fare per far quadrare i conti. Morale: non crediamo che sia nelle condizioni di regalare al Comune di Palermo 50 milioni di euro all’anno. (a destra, Palazzo delle Aquile, la sede del Municipio di Palermo) 

Dal Governo Monti non c’è da aspettarsi molto: meno che mai che eroghi al Comune di Palermo 50 milioni di euro all’anno.

Un’altra via da percorrere potrebbe essere quella di tassare i palermitani per pagare i dipendenti della Gesip. In fondo, il federalismo fiscale dovrebbe essere anche questo. Ma abbiamo il dubbio che le famiglie e le imprese del capoluogo siciliano, oggi, siano già stremate dalle imposte e dalle tasse dello Stato e da tutti i balzelli degli Enti locali. Per non parlare di tutte le cartelle esattoriali recapitate ad ogni cittadino.

Tuttavia, non sarebbe corretto, da parte nostra, affrontare un problema sociale così grave senza fornire le possibili soluzioni. Ovviamente, neanche noi abbiamo la bacchetta magica. Ma sappiamo che, a gennaio, il problema della Gesip si riproporrà per i 22 mila precari degli Eni locali siciliani.

Poiché non si possono gettare in mezzo alla strada, in un solo colpo, 24 mila persone (precari Enti locali più i dipendenti Gesip), la possibile soluzione va cercata con il Governo nazionale. Piaccia o no al Presidente del Consiglio Mario Monti, tutte le leggi regionali sul precariato sono state avallate da Roma. Oggi l’attuale capo del Governo del nostro Paese non può ignorare quanto fatto dai suoi predecessori.

La nostra proposta è semplice: si istituisca un salario minimo garantito per tutti questi lavoratori. Mille euro al mese per ognuno di loro. Questo conviene anche alle imprese del Nord, perché molti dei beni acquistati in Sicilia, oggi, non sono prodotti in Sicilia. Di fatto, il salario minimo garantito garantirebbe un minimo di consumi.

Contestualmente, dovrebbero essere avviati i controlli sul lavoro ‘sommerso’. Prevedendo l’uscita automatica dal regime di salario minimo garantito per chi verrà pescato mentre lavora in ‘nero’.

La speranza, ovviamente, è che il Governo regionale di Rosario Crocetta sbaracchi tutti gli sprechi – soprattutto quelli annidati nella spesa pubblica (per esempio, le retribuzioni elevate dei mille e 800 dirigenti, o le mega-indennità dei dirigenti generali, o, ancora, eliminando le ‘creste’ sugli acquisti nella sanità) – e faccia ripartire l’economia siciliana.

La nostra è un’idea perfettibile. Chi ha altre idee si faccia avanti.

 

Redazione

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