Una lapide per Salvatore Novembre Operaio edile morto nel luglio 1960

Una lapide discussa. E apposta 55 anni dopo in piazza Stesicoro. Dove l’8 luglio 1960 ha perso la vita Salvatore Novembre, 24enne manovale edile, durante una protesta contro il governo Dc di Fernando Tambroni. Due giorni prima, a Reggio Emilia, in una manifestazione gemella erano rimasti uccisi cinque operai. Nel capoluogo etneo, 48 ore dopo, i lavoratori scendono in piazza per solidarietà e la polizia spara ancora una volta. Già cinque anni fa, la Cgil e l’Anpi avevano preparato una lapide commemorativa per il giovane operaio catanese. «Ma l’amministrazione di Raffaele Stancanelli non diede l’autorizzazione», raccontava Luca Cangemi, segretario del circolo Olga Benario di Rifondazione Comunista ed ex parlamentare. In quell’occasione era arrivata la promessa dell’allora neo-assessore alla Cultura del Comune di Catania Orazio Licandro: «Verrà avviato l’iter per piazzarla». Promessa mantenuta oggi.

«In quei giorni venne ritenuto oltraggioso il tentativo da parte del Movimento sociale italiano di avvicinarsi al governo e soprattutto di fare della città di Genova, martire della resistenza e medaglia d’oro, un congresso di partito – ricostruisce il clima del luglio 1960 Giacomo Rota, segretario generale Cgil – I lavoratori scesero in piazza per protestare in tutta Italia. La polizia sparò uccidendo cittadini a Palermo, a Reggio Emilia e anche a Catania dove il giovane Salvatore Novembre cadde ferito in piazza Stesicoro. La polizia, allora capitanata dal vicequestore Buttiglione, sparava ad altezza d’uomo – continua Rota – impedì il soccorso a Novembre e lo lasciò morire dissanguato». Il corpo del 24enne è seppellito al cimitero di Agira, paese dell’Ennese di cui era originario, dove oggi una delegazione del sindacato andrà a rendere omaggio. In città, invece, viene esposta la lapide commemorativa e, fa sapere sempre la Cgil, è previsto anche uno speciale annullo filatelico delle Poste italiane.

Di Salvatore Novembre non si sa molto. «Era un operaio edile, non sappiamo quanto politicizzato. Partecipava come tanti giovani a queste manifestazioni per rivendicare l’aumento dei salari. Rivendicazioni socio economiche in una città che nel corso che negli anni ’50 era cresciuta a dismisura, oggetto di operazioni speculative», spiegava già qualche anno alla nostra testata Andrea Micciché, storico e autore del volume Catania Luglio ’60. «Non è un caso che la tragedia avvenne proprio lì, in piazza Stesicoro, a pochi metri dai cantieri – continuava lo studioso – Il lavoro a Catania si trovava facilmente, ma con bassi salari per queste masse che provenivano dall’interno dell’isola. C’era scarsa tutela sindacale, e spesso i membri della Cgil andavano nei cantieri a fare dei picchetti, convincendo i presenti a scioperare». È questo il clima in cui matura la partecipazione di Salvatore Novembre allo sciopero e la sua morte. «Un indegno capitolo di storia che non va rimosso», conclude Rota.

Redazione

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