«Non facciamo lo stesso lavoro di chi monta una lampadina, per questo non si può calcolare il minutaggio come fosse un contachilometri». La critica del presidente del coordinamento regionale dell’ordine infermieri Nuccio Zappulla riguarda la legge regionale del 1988 che dispone che l’assistenza giornaliera del personale infermieristico nelle case di cura private in Sicilia sia garantita per 76 minuti per degente. «Non sono sufficienti a garantire gli attuali livelli essenziali di assistenza», scrive nel disegno di legge che ha presentato all’Ars il deputato del M5s Giorgio Pasqua.
La proposta è di aumentarlo a 180 minuti al giorno per ogni paziente, che si tradurrebbe in un aumento del personale sanitario. Un minutaggio che «forse andava bene 30 anni fa, quando la degenza media era di 15-20 giorni, ma che oggi non soddisfa le esigenze dei pazienti che restano ricoverati in media non più di tre giorni ma hanno tutti bisogno di maggiore assistenza degli infermieri perché sono nella fase acuta del post-operatorio», spiega Pasqua a MeridioNews.
Questa situazione, segnalata da ogni parte del territorio siciliano, «pone il personale infermieristico nell’incredibile condizione di dovere assistere anche 27 pazienti operati nella giornata, il che – aggiunge – incide gravemente sul rischio clinico-assistenziale». Altra modifica da apportare alla legge sarebbe la garanzia della presenza nelle ore notturne di personale infermieristico e ausiliario in numero uguale alle ore diurne. «Altrimenti – fa notare il deputato pentastellato – un infermiere deve pulire il paziente e cinque minuti dopo mettere una flebo tenendo addosso la stessa divisa. Questo aumenta le infezioni ospedaliere che sono una enorme causa di morte».
Il criterio per stabilire quanto personale assegnare alle strutture sanitarie è il minutaggio. Nel 1988 l’allora ministro della Salute Carlo Donat-Cattin lo fissa a 123 minuti per l’assistenza di base. «Pochi mesi dopo, la Regione decide di abbassarlo a 76 minuti per le cliniche private mantenendo lo standard nazionale solo per il pubblico», ricostruisce Zappulla. In pratica, è un coefficiente a stabilire di quanto personale necessitino gli ospedali e le cliniche. «Da letteratura scientifica internazionale, il rapporto ideale dovrebbe essere di uno a sei (un infermiere per ogni sei pazienti) – spiega – invece nel pubblico è di uno a 12 e nel privato di uno a 19. L’assistenza così non può essere adeguata perché c’è un sovraccarico di lavoro, l’infermiere è costretto a stabilire delle priorità tra pazienti e vengono meno qualità e sicurezza».
Ciò che resta tagliato fuori dal conteggio dei minuti è il fattore umano. «Nel calcolo – lamenta Zappulla – non si tiene conto del rapporto che si deve instaurare con il paziente, dell’empatia da creare, delle domande da fare al paziente per creare un’anamnesi e delle informazioni che vengono richieste dai degenti su terapie e questioni logistiche». È solo il tempo delle attività a essere misurato, «eppure – continua – nel codice deontologico si dice che “anche il tempo del dialogo è tempo di cura“».
Una legge obsoleta che riguarda le cliniche private convenzionate con la Regione «che sono ancora lontane dall’essere, come dovrebbero, degli ospedali pubblici esterni», lamenta Pasqua facendo il paragone con le strutture pubbliche che, invece, negli anni si sono adeguate agli standard quantitativi e qualitativi. In Sicilia le cliniche private convenzionate sono 118, distribuite in tutte le nove province. Nello specifico, cinque sono nelle province di Enna e Ragusa (e rispettivamente hanno 419 e 538 posti letto), sette a Caltanissetta e Agrigento (con 479 e 674 posti letto), sia nel Siracusano che nel Trapanese sono dieci (con 915 e 661 posti letto), diciotto a Messina (con 1.932 posti letto), in provincia di Catania se ne contano ben 27 (con 2.942 posti letto totali), due in più nel Palermitano (con 3.577 posti letto).
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