Un sistema «dall’evidente irragionevolezza», caratterizzato da «una frammentazione di servizi e territorio», e da «un numero eccessivo di soggetti titolari di competenze e funzioni». Il tutto dovuto in larga parte alla legge regionale del 2010 che regola il settore. L’Autorità nazionale anticorruzione boccia senza mezzi termini la gestione dei rifiuti in Sicilia. Chiamato a esprimere un parere a seguito di una serie di segnalazione ed esposti che hanno portato anche all’avvio di indagini penali, l’ente guidato da Raffaele Cantone muove rilievi pesanti e invita la Regione a predisporre quanto prima nuovi bandi che mettano ordine in una matassa quasi inestricabile, ispirandosi ai modelli di gara comunitaria.
L’obiettivo dell’Anac era «analizzare le cause dei fenomeni distorsivi». E l’autorità è partita dalla testa del problema, cioè dalla legge regionale 9/2010, definita «una disciplina non solo contraddittoria, ma difficilmente applicabile». Una carenza che, si sottolinea nella relazione, si basa anche sull’incapacità di prevedere quello che inevitabilmente sarebbe successo: «La Regione – scrive Anac – non è stata capace di programmare i tempi di entrata in vigore della nuova disciplina e i ritardi, a volte colpevoli, delle amministrazioni comunali, fattori che spingono a sistematici differimenti».
La legge del 2010 prevedeva la costituzione degli Ato, gli ambiti territoriali ottimali, col compito di redigere un proprio piano d’ambito e di individuare il gestore del servizio. Ma sono subentrate diverse modifiche che hanno consentito ai Comuni di ricoprire autonomamente i compiti di affidamento e organizzazione del servizio rifiuti. Col risultato che su 390 comuni della Sicilia, 260 hanno costituito un cosiddetto Aro, Ambito di raccolta ottimale (molti dei quali poco sopra i seimila abitanti), che in ben 103 casi coincide col comune stesso. Agli Ato si sarebbero quindi dovute sostituire le Società per la regolamentazione del servizio rifiuti (Srr), inizialmente nove, tante quante le province, poi duplicate in 18. Proprio su questa decisione l’Anac invita la Regione a «un ripensamento».
Altro nodo è la sovrapposizione di tre livelli di pianificazione: regionale, di ambito territoriale e comunale. Secondo l’Autorità la finalità della gestione integrata del ciclo dei rifiuti è creare servizi omogenei e produrre economie di scala e risparmi. Ma se si adottano piani di intervento in assenza di piani d’ambito, se si moltiplicano i soggetti coinvolti, si ha l’effetto opposto, «con un’evidente irragionevolezza del sistema e una frammentazione sistemica di servizi e territorio». Infine l’ente guidato da Cantone evidenzia l’eccessivo ricorso alle proroghe dei contratti esistenti e le poche nuove gare indette.
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