Un referendum anche in Sicilia. Ma, a differenza della Catalogna e della Scozia, non chiederà ai cittadini se vogliono l’indipendenza della nostra regione. Sarà un referendum sull’autodeterminazione fiscale ed energetica. Che vuol dire esattamente?. Intanto ne abbiamo parlato con uno dei promotori, Massimo Costa, docente di Economia aziendale e vice presidente dell’associazione NoiSicilianiLiberi.
Prof. Costa, e quindi ora si sta proponendo un referendum anche per la Sicilia?
Sì, un referendum per l’autodeterminazione fiscale ed energetica, cioè per restituire alla Sicilia le risorse tributarie che le spettano secondo il diritto costituzionale italiano; risorse che le sono state sempre negate e con le quali risolverebbe quasi tutti i suoi problemi.
Non è quindi un referendum per l’indipendenza vera e propria. Non è forse convinto che l’indipendenza sia una soluzione anche per la Sicilia?
Grazie per la domanda, mi dà la possibilità di dire una cosa molto importante. L’indipendenza non solo è la soluzione, quella più netta lineare e duratura, ma è anche, nel medio termine, l’unica prospettiva possibile per una Nazione, quella siciliana, che ha visto disattesi tutti i patti stipulati dallo Stato italiano. Io non ho mai rinnegato la possibilità dell’indipendenza. Soltanto, in passato, la ritenevo una soluzione non praticabile, neanche nel medio termine. Oggi le cose sono un po’ cambiate, anche in tutta Europa. Però bisogna essere ancora realisti. L’indipendenza di una Nazione saccheggiata e devastata va preparata, una specie di “decennio di preparazione”, al contrario di quello di Cavour.
Che ne direbbbero i siciliani?
Oggi ci sono alcuni siciliani confusi credono addirittura che la Sicilia sia autonoma, e credono che questa fantomatica “autonomia” sia la causa di tutti i nostri mali, perché così dicono tutti i media italiani, a telecamere riunite, quasi ogni giorno, con la sporca complicità di alcuni siciliani che disonorano la loro madre. Altri sono disinformati o confusi o perplessi. Dieci anni fa l’indipendenza della Sicilia difficilmente avrebbe avuto più del 5 % dei consensi, sarebbe stato un plebiscito per l’Italia unita. Oggi le cose sono molto, molto diverse. La situazione è assai fluida. Ma non bisogna esagerare neanche nell’ottimismo. A che servirebbe un referendum per l’indipendenza in cui i SI prendessero il 10, il 15, o anche il 25 %? Servirebbe solo a mettere una pietra tombale sulle aspirazioni nazionali della Sicilia. Impariamo dalle altre nazioni senza stato. Perché nel 1989, poniamo, i nazionalisti scozzesi non chiedevano un referendum per l’indipendenza? Perché sapevano che “allora” era un azzardo. Anche oggi, col successo che hanno avuto, manca loro ancora un pelino alla libertà.
Quindi?
Impariamo dagli altri. I catalani stanno sfidando Madrid. Il referendum – dicono – è incostituzionale, e forse hanno anche ragione dal punto di vista strettamente formale. Anche in Italia un referendum separatista, che sia celebrato in Veneto, Sardegna o Sicilia, sarebbe incostituzionale. Ma se la Catalogna, in mano ai nazionalisti catalani dal 1978 o giù di lì, in mano cioè di una classe politica che, a parte qualche inevitabile contraddizione, ha dato buona prova di sé, sta tentando questa sfida, noi invece dobbiamo guardarci allo specchio: da noi c’è Crocetta, e siamo costretti addirittura a rimpiangere come età dell’oro il malgoverno DC. Insomma siamo indietro, che problema c’è ad ammetterlo? Quindi, io sono per l’indipendenza, e non ho più alcuna remora a dirlo apertamente, ma non è ancora il momento per un referendum di questo tipo.
Allora non c’è speranza di cambiamento?
Il punto è che, nel frattempo, non possiamo stare a guardare, ad attendere il sole dell’avvenire. Dobbiamo, assolutamente, mettere in atto una strategia che consenta alla Sicilia quanto meno di sopravvivere. Se non ce ne siamo accorti l’Italia e l’Europa ci stanno uccidendo, ci stanno massacrando, e neanche tanto a poco a poco. Dobbiamo reagire, reagire o morire. E questa iniziativa può segnare davvero l’inizio della riscossa del Popolo Siciliano.
In cosa consiste esattamente questa “autodeterminazione”? Cosa cambia in concreto per noi se vincono i SI?
Lo Statuto non ce lo fanno usare, c’è poco da fare. E qualunque iniziativa parta dalla Regione viene inibita dagli abusi dell’esecutivo italiano, o da sentenze-scandalo della Corte Costituzionale, oppure si mette di traverso lo stesso Presidente della Regione che, a comando, regala i nostri redditi, rinuncia alle nostre risorse, si indebita a usura dietro ordine, devasta l’amministrazione pubblica regionale e si fa dettare le manovre finanziarie da Rorma direttamente. Di fronte a questo stato di cose, qualunque iniziativa della Regione in quanto tale sarebbe destinata al fallimento. Abbiamo così provato a mettere la “sostanza” dei nostri diritti in un testo di legge, legge dello stato, affinché non ci “freghino” dicendo che su questa o quella materia la Regione non ha competenza.
Un testo di legge in linea con l’Europa?
Abbiamo tradotto in pratica la teorica “Insularità” che consente, in questa stessa Unione Europea, trattamenti differenziati, status speciali, per le regioni insulari. L’Europa ci soffoca? Anziché beccarci solo l’austerità, ci prendiamo intanto quel poco che ci serve. Poi, un giorno liberi, decideremo che farne. Ma intanto approfittiamo di norme che le altre isole d’Europa hanno sfruttato e noi no.
Nel merito?
Il progetto è molto semplice: tutte le tasse maturate nel nostro territorio, comprese le acque territoriali, SONO NOSTRE! E ce le manovriamo noi, creando se ne siamo capaci anche la fiscalità di vantaggio. Per evitare le immancabili frodi dello Stato italiano, ci facciamo passare l’Agenzia delle Entrate, in toto. Poi instauriamo una zona doganale speciale. E infine ci appropriamo anche di tutte le nostre risorse, ambientali, culturali e soprattutto energetiche, trasformandole in ricchezza. Possiamo farlo, basta una semplice legge. Non c’è bisogno di spiegare che, così facendo, avremmo un’altra Sicilia: zero disoccupati in pochissimi anni, vedremmo ripopolati i nostri borghi abbandonati, riqualificate le periferie, lanciato un programma di infrastrutture, vedremmo affluire capitali dall’esterno per investire qui, le nostre imprese fiorirebbero, liberate dalla cappa della burocrazia, dei costi insostenibili del lavoro, dell’energia e dell’op-pressione fiscale.
E il referendum quando entra in gioco?
L’idea è proprio questa. Se l’ARS si limitasse ad approvare una legge-voto, poi a Roma la archiviano e tanti saluti. Invece noi chiediamo che sul disegno di legge siano chiamati i Siciliani ad esprimersi. Se riusciremo a convincere in massa i Siciliani a recarsi alle urne e a votare per la loro libertà, poi nessuno avrà la forza per formarci. Formalmente il referendum sarà consultivo, perché è l’unico “normato” ad oggi dall’ARS, ma nella sostanza sarebbe propositivo, perché i Siciliani non sarebbero chiamati a pronunciarsi su una legge ARS, ma su una legge portata all’ARS dalla stessa iniziativa popolare. In pratica noi dovremmo raccogliere 10.000 firme per il disegno di legge e, al contempo, per una petizione di referendum. A questa azione dal basso seguirebbero quante più mozioni possibili da parte dei Comuni siciliani, oggi alla frutta, nella stessa direzione. A questo punto l’ARS dovrebbe solo “accogliere” la petizione ed indire il referendum. Se l’esito sarà positivo, la legge sarà approvata e trasferita a Roma. A quel punto, se Roma non la accetterà, ci dovremo rivolgere ai tribunali internazionali ed a quelli europei. Non possiamo certo subire all’infinito.
La strada è legittima, e quindi la percorreremo. La ritirata della Trojka comincia qui, in Sicilia! Non siamo peggiori degli altri, anzi, al contrario, siamo per certi versi culturalmente più avanti, almeno in alcune minoranze di appassionati e di intellettuali. Dobbiamo fare il corto circuito col Popolo, con l’imprenditoria (quella vera, non i parassiti dello Stato e dei monopoli), contro i parassiti della politica e della finanza. Il nostro è un grido di guerra! E’ un grido di libertà! Guai a stare a casa in questo momento.
E se invece all’ARS non aveste alcun appoggio?
Non è così. Non sarà così. Lo stesso Presidente Ardizzone ha mostrato un certo interesse. Ci saranno sostegni trasversali. Il Movimento 5 Stelle, da me personalmente contattato, ha dimostrato molto interesse. Siamo disposti ad incontrare tutti i gruppi, nessuno escluso. Si tratta di una battaglia per tutti i Siciliani. Del resto se l’Assemblea si facesse serva degli sfruttatori esterni, dovrebbe vedersela con i Siciliani. Non credo possa prevalere un’irresponsabilità tale: equivarrebbe a promuovere un assedio e un assalto al Palazzo d’Inverno. La condizione della Sicilia è realmente esplosiva. Stiamo indicando una via d’uscita. E comunque, nel dibattito parlamentare, potremo apprezzare chi lavora per i Siciliani e chi contro. E’ impensabile che, di fronte ad un’ampia mobilitazione popolare e comunale, si possa restare insensibili. Con questo referendum ci riprendiamo la nostra sovranità, è il momento in cui la Sicilia potrà far parlare di sé il mondo intero, stupendola in positivo.
E quindi sabato prossimo presentate all’opinione pubblica questo progetto (Campofelice di Roccella all’Hotel Acacia, h.10).
Non solo presentiamo, ma raccogliamo osservazioni e proposte, sia dalle molte associazioni presenti, sia dai singoli che vorranno intervenire. Alla scorsa iniziativa eravamo ospiti del Comune di Palermo con il tempo contingentato. Siamo stati costretti a stringere sugli interventi e qualcuno c’è rimasto male. Qui potremo essere più distesi. L’obiettivo è istituire un Comitato Promotore del Disegno di Legge e del relativo Referendum che operativamente organizzi l’iniziativa. Qui comincia la libertà della Sicilia. Da sabato si lotta per la nostra libertà, per la nostra autodeterminazione, per il nostro benessere, in una parola per la nostra Sovranità. Tutti i Siciliani sono idealmente chiamati in questo momento storico. Dobbiamo rispondere “Presente!”. E’ importante dire “C’ero anch’io fra quei patrioti che lottavano per la libertà nel 2014. Stiamo scrivendo la storia. Siamo sicuri che nessuno potrà fermarci. E’ il momento del coraggio e della ragione. Avanti, Sicilia.
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