Un «percorso di vita». Utile sia per chi inizia la vita nell’associazione che per quanti vi si affidano per un’esperienza – di studio o lavorativa – all’estero. Così i volontari dell’associazione Aiesec – network studentesco attivo in tutto il mondo, 86mila membri – descrivono la realtà della quale fanno parte. «È quasi un viaggio», racconta sorridendo Adriana Furnari, studentessa di Giurisprudenza e vicepresidente della sezione catanese. «Un percorso di due-tre anni al massimo, nel quale si apprende di tutto».
Per iniziare «i membri, al loro ingresso, scelgono l’area secondo le inclinazioni. Il recruiting si effettua ogni sei mesi», specifica. Quella attuale sarà aperto fino al 7 novembre, per partecipare basta compilare un questionario online. Numerose le figure ricercate: da quelle in campo comunicativo agli esperti in questioni burocratiche o economiche. E quello che può sembrare un impegno da aggiungere a lezioni, studio ed esami, può trasformarsi in un buon biglietto da visita. «Molte aziende ci conoscono, il nome Aiesec fa curruriculum». Ma mettersi in gioco permette di conoscere anche se stessi: «Ti rendi conto delle tue competenze, ma anche dell’indispensabilità degli altri», afferma Furnari.
«Sono 20 le sedi Aiesec in tutta Italia, due in Sicilia, a Catania e Palermo – racconta con entusiasmo – Quella catanese è attiva dal 1989». Ogni anno i referenti di ogni città si incontrano per portare esperienze, nuove idee e fare un bilancio delle attività. «La nostra sede è a palazzo Fortuna, all’interno del dipartimento di Economia – continua – Da un lato siamo attaccati al mondo dell’università, per ovvie ragioni, ma siamo più indipendenti».
Ogni sede dell’associazione è un nodo in una rete che permette ai giovani universitari di muoversi nel mondo con maggiore libertà rispetto a quanto permette il programma Erasmus. Vengono organizzati «stage, rivolti a persone tra i 18 e i 30 anni, che si occupano di progetti di volontariato o in imprese». Un vantaggio, in tempi di crisi: «Per le aziende il costo è irrisorio, 400 euro in totale per i sei mesi di scambio». Con l’aggiunta di avere nel proprio organico un giovane universitario che parla una lingua straniera. Ma ci sono attività che si rivolgono alla formazione linguistica dei più piccoli. «Uno degli ultimi progetti, educhange con studenti provenienti dall’estero, lo abbiamo organizzato alla scuola Petrarca», prosegue la studentessa.
«A Catania ha avuto molto successo Share you summer», spiega Michela Giuffrida, laureanda in Relazione internazionali e responsabile Comunicazione. «In cinque lidi della Playa e in uno della scogliera 32 stagisti provenienti da diversi Paesi hanno fatto animazione». Ma le attività coprono diversi campi d’azione: «Help to help, per esempio, è organizzato con organizzazioni non governative», chiarisce Giuffrida. Esiste anche la possibilità di fare da base per giovani provenienti dai Paesi associati. «Il progetto Move permette di ospitare o essere ospitati per sei-otto settimane».
Allargare le proprie conoscenze, sia viaggiando in giro per il mondo che accogliendo ragazzi con un differente bagaglio culturale. Senza mai perdere di vista il futuro: «Il principio non è far uscire le persone, farle andare via per sempre – conclude Furnari – Ma far vivere loro un’esperienza all’estero per poi tornare e condividere quel tesoro nel Paese di partenza».
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