Vista dal mare, lex discarica di Acqua dei Corsari sembra un gigantesco teatro allaperto, un palcoscenico naturale di grande bellezza, con un panorama che spazia sino a Capo Mongerbino. E forse i progettisti del recupero ambientale di quello che per trentanni è stato chiamato con un eufemismo anatomico il mammellone, per cancellare il degrado avevano pensato proprio ad un teatro. Magari circondato da alberi di siliquastro, erythrina, palma nana, tamerici, olivi, gelsi e carrubi. Alberi che erano stati anche piantati e non erano rimasti solo unindicazione progettuale.
Ma dalla conclusione dei lavori, appaltati dal Comune alla società Sering, per poco più di 4 milioni di euro, sono ormai trascorsi più di due anni, nessuno ha preso possesso del sito, e gli alberi, tranne pochi esemplari, sono tutti morti. Lennesimo spreco di risorse pubbliche.
E dire che è stata anche realizzata una vasca, un impianto di irrigazione che corre lungo gli oltre quattrocento metri di costa che iniziano dal porticciolo della Bandita per finire allaltezza del bar del Bivio, a due passi dalla torre edificata nel 500 per proteggere la costa dallo sbarco dei Corsari.
Un lavoro gigantesco, rimuovere i detriti del sacco edilizio, la bonifica dallamianto e mettere in sicurezza la collina di terra e pietre accumulate in trentanni di saccheggio del territorio. Un lavoro necessario per impedire lulteriore sfaldamento della collina e la dispersione in mare di sostanze inquinanti. Perché anche la terra e i calcinacci inquinano il mare.
Intitolare questo grande polmone verde della Palermo delle sparatorie, degli omicidi a catena, della mafia imperante a Libero Grassi, significa sanare la memoria rinnovandola. Ha il senso del riscatto, dellaffermazione della libertà sulla nera cappa che ha imprigionato Palermo per lunghi decenni e che finalmente inizia a dissolversi.
Foto tratta da mobilitapalermo.org
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