Un grattacielo dove nidificano le cicogne La Lipu: «Il Prusst uccide l’Oasi del Simeto»

«L’Oasi è un sito d’importanza comunitaria e una zona di protezione speciale. Eppure vogliono realizzare un grattacielo di 40 piani a pochi metri dalla foce del fiume». Per Giuseppe Rannisi della Lipu – Lega italiana protezione uccelli -, che fin dal 1984 studia le specie animali all’interno della riserva orientata Oasi del Simeto, il mega progetto di urbanizzazione dell’area è una vera e propria follia. Si tratta di un Prusst, acronimo che sta per Programma di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio,  un tipo di intervento promosso dal ministero dei Lavori pubblici. Ha già ricevuto l’approvazione dal consiglio comunale di Catania nel 2003, e verrà eseguito dall’associazione temporanea d’imprese formata da Portnall Italiana spa, Oasi del Simeto srl e Studio Petrina srl. La cementificazione dell’area riguarderebbe, secondo il progetto, circa l’80 per cento del territorio della pre-riserva del Simeto, con la costruzione di due campi da golf, di un porto turistico e due mega alberghi, per un totale di circa 600 ettari.

«In una riserva orientata non si può edificare nulla, solo le costruzioni già presenti prima della sua creazione hanno diritto di restare. Figuriamoci alberghi e campi da golf» ci dice intanto Rannisi, che racconta in breve il difficile iter che ha portato alla costituzione della riserva nei primi anni ’80. «Tutto è partito da una grande manifestazione in difesa dell’area dello Zingaro, vicino a San Vito Lo Capo, che doveva essere distrutta per farci passare una statale» racconta. Un percorso di protesta che ha  unito le varie associazioni ambientaliste, portando con la legge regionale 98/1981 all’istituzione delle attuali riserve siciliane. Associazioni che oggi, insieme alla Lipu, protestano per quanto potrebbe accadere ai sette chilometri di riserva.

E’ un pomeriggio di un giorno maggio e, tra le dune sabbiose e gli sterminati canneti, Giuseppe ci accompagna a visitare l’area, con la disponibilità e la pazienza che solo un vero appassionato può dare. «Qui vivono duecento specie di uccelli, migliaia di volatili che ogni inverno utilizzano le aree umide a sud di Catania come base di rifornimento per i lunghi viaggi verso il nord d’Europa» spiega Rannisi, accompagnato dalla moglie Loredana, anche lei socia Lipu e appassionata di ornitologia. A ogni passo, lungo un’area che alterna gli aspetti selvaggi della riserva al becero abusivismo, è soprendente scoprire come ogni verso, ogni battito d’ali abbia per i due naturalisti un significato particolare.

«Questo è il verso della cannaiola, un piccolo passeriforme delle zone umide, mentre lì, sulla riva, ci sono due beccacce di mare» spiega Giuseppe, mentre un motoscafo percorre la foce del fiume. «Naturalmente, è vietato, ma qui nessuno controlla» ci spiega Loredana, indicando un elicottero delle forze dell’ordine nel cielo, «anche quello, da qui non dovrebbe passare». L’area è proprietà della regione Sicilia, ma è la provincia di Catania a doversi occupare della manutenzione dei sentieri e dei cartelli, che però sono quasi del tutto illegibili. Come quello che, lungo la zona adiacente la foce del Simeto, nota come Primosole Beach, impone il divieto assoluto di balneazione. «Oltre ai motivi naturalistici, il divieto è dovuto allo scarico del depuratore di Catania a poche centinaia di metri» spiegano i due naturalisti, mentre incuranti del divieto dei ragazzini giocano tra il mare e quello che sembra un isolotto. In realtà è il vecchio argine del Simeto sommerso dal mare: il percorso del fiume è stato modificato negli anni ’60 in uno dei tanti tentativi di bonifica successivi alle disastrose inondazioni. Da allora la costa si è ritirata di almeno 150 metri.

«Il cuore della riserva è qui, nella vecchia ansa del fiume Simeto» racconta intanto Giuseppe. Ci siamo spostati più a nord, in piena zona A. Una immensa distesa di canneti fa da sfondo a quello che sembra un lago, ma che in realtà non è altro che quel che resta del vecchio percorso del fiume. «Quando fu fatta la bonifica, non furono considerati i torrenti sotterranei, che ancora alimentano quest’ansa isolata, lunga circa un chilometro». Sono gli stessi torrenti sotterranei che periodicamente causano l’allagamento della vicina zona industriale, che «non a caso, si chiama Pantano d’Arci» ci spiega Loredana, che ha in serbo una sorpresa. Su un traliccio dell’alta tensione, nella zona industriale sud, due grandi cicogne hanno creato il loro nido. «E’ incredibile se non si conoscono le abitudini degli animali, ma nelle stesse acque che alimentano il depuratore, ci sono centinaia di uccelli, che approfittano di tutte le zone umide cittadine» spiega Giuseppe. Uccelli che potrebbero sparire non solo dalla Sicilia, ma da tutta l’Europa se quest’area venisse cementificata.

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Leandro Perrotta

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