La Procura di Catania ha chiesto il giudizio immediato davanti alla corte d’Assise per Roberto Russo. L’operaio, finito nel vortice della disoccupazione, che lo scorso 22 agosto ha ucciso a coltellate la figlia di 12 anni e ferito gravemente la sorella, di qualche anno più grande, mentre entrambe dormivano in un letto matrimoniale, tentando poi il suicidio. L’uomo, dopo il folle gesto, si è conficcato nell’addome la lama, procurandosi però soltanto una grave ferita. A bloccarlo, durante quei concitati momenti, è stato l’intervento del fratello dell’aggressore e di un altro figlio già maggiorenne, che sono rimasti leggermente feriti. Assente nell’abitazione era invece la moglie che, come emerso dalla cronaca di quei giorni, si era allontanata dalla casa di San Giovanni La Punta, tornando dai propri genitori, a causa di alcuni problemi con il marito.
Le accuse che vengono contestate all’uomo dal sostituto procuratore titolare dell’inchiesta Agata Santonocito sono quelle di omicidio e tentato omicidio aggravato dal vincolo parentale. Le prove evidenti hanno consentito la richiesta di evitare la fase filtro dell’udienza preliminare. Tre giorni dopo quella mattinata di follia di fine agosto, mentre si trovava ricoverato all’ospedale Cannizzaro di Catania, Russo è stato interrogato dal pm Santonocito e dal giudice per l’indagine preliminare
Flavia Panzano. Il padre era scoppiato in lacrime in uno stato di evidente confusione chiedendosi anche il perché non fosse riuscito a togliersi la vita con il coltello da cucina.
La figlia rimasta ferita, ricoverata nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Garibaldi in prognosi riservata, è riuscita a salvarsi nonostante le gravi complicazioni delle ore immediatamente successive al tentato omicidio che le avevano causato la rescissione della aorta mammaria interna oltre a una lesione all’addome. Dal nosocomio etneo è partita la richiesta di sangue del gruppo sanguigno raro, zero negativo. Sollecitazione subito accolta da decine di donatori che hanno consentito alla giovane di salvarsi dopo la perdita di circa tre litri di liquido organico.
Dalle indagini è anche emersa la presenza di
una lettera, scritta dall’ex operaio, che aveva come destinatari i componenti della sua famiglia. Un messaggio di scuse, acquisito negli atti dell’inchiesta, nel quale l’uomo ha anche scritto «ci vedremo nell’aldilà». Parole e frasi con cui provava a spiegare i motivi di quel gesto, frutto probabilmente di una grave fragilità psicologica legata anche ai problemi lavorativi. Per far fronte al licenziamento, due anni prima, dalla ditta di grande distribuzione in cui lavorava, si era anche improvvisato venditore ambulante. Al vaglio degli inquirenti sono finiti anche il computer e i tabulati telefonici per ricostruire la dinamica e il movente del delitto. La sera prima di quel 22 agosto, Russo aveva mangiato una pizza in famiglia insieme ai propri figli e incontrando pure la moglie.
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