Palermo è in fermento: battono i cuori dei possibili candidati a sindaco per le amministrative, la primavera sembra lontana, l’inverno quest’anno mette tutti a dura prova ma la pazza idea di governare questa triste e infelice città eccita gli animi, dei vecchi e dei nuovi, dei probabili ma soprattutto degli improbabili, ed ecco che il rosso Davide guidato dal Signore fa appello ai giovani, basta spirito d’iniziativa, parole retoriche e ingenuità dichiarata. E poi il prova e riprova dell‘ancora ragazzo Ferrandelli con i suoi slogan a tutela e chiusura: Solo con i palermitani, Solo con Palermo, slogan anacronistici in una città che dovrebbe essere città d’accoglienza, e solo rischia di rimanere dopo le accuse di voti comprati nel 2012 in seguito alle dichiarazioni del pentito Tantillo.
Il Movimento Cinque Stelle i suoi candidati li ha persi quasi tutti strada facendo, quello che prima dello scandalo delle firme false poteva sembrare il voto della trasversale e qualunquistica protesta sembra avere già perso, ed è l’avvocato Forello, uno dei fondatori del poco discusso – e forse bisognerebbe iniziare a discutere – Addio Pizzo, che con ben (sic) 357 voti ha battuto il sicuramente discutibile poliziotto. Altri nomi noti e meno noti, ma vorrei parlare di lui, del sindaco uscente, uscente e rientrante infinite volte, il sindaco di cui colleziono un album di figurine: Orlando arabo, Orlando Masai, Orlando bersagliere, Orlando gayfriendly, Orlando ebreo, quel sindaco che sistematicamente con pieni poteri di stampo democristiano, populista e popolare, nonostante la difesa della bella borghesia cittadina a scapito del vero popolo, sta facendo tabula rasa della creatività, ormai veramente allo stremo, degli ultimi, dei cittadini che mai si sono sentiti tali.
Sì, perché i palermitani non sono cittadini, non lo sono mai stati, il rapporto col potere, perché la carica di sindaco a Palermo è potere, è il potere di contrastare o abbracciare la mafia, è il potere di distruggere sistematicamente ogni forma di convivenza fra la città nera e la città bianca di antica memoria, l’anima borghese e quella popolare, ormai da tempo c’è stata l’invasione da parte della moderna e incolta – sepolta è la Palermo illuminata, la Palermo felicissima in fermento intellettuale – borghesia, quella borghesia che ha riscoperto il cuore che un tempo pulsava, il cuore della Palermo popolare, il centro storico, abbandonato sventrato violentato e ricostruito a immagine di una supponente legalità a giorni alterni.
Palermo sta lentamente morendo di malinconia, di rabbia e ignoranza e nessuno dei fantomatici candidati a sindaco è in grado di farne una città, in questa corsa verso la gentrificazione stiamo perdendo pezzo per pezzo la nostra cultura, l’unica cosa che regge è il cibo, siamo una città di manciatari, ma in contemporanea con il lancio dello street food si reprime la libera iniziativa, la fantasia di chi non è pronto al furto, di chi cerca in una creativa illegalità di sopravvivere e dare servizi, di chi porta avanti lavori centenari, e quindi Nino u ballerino, meusaro dalla fama non meritata, gira il mondo portando il pane con la milza come un vessillo, mentre il panellaro che da quarant’anni rifocilla gli studenti palermitani viene punito, con multe e sequestro della merce e dell’attrezzatura.
Questa è Palermo, la Palermo che esporta il suo illegale cibo da strada in tutto il mondo, la stessa che lo distrugge, vessa e punisce, non si riesce a scindere fantasia e mafia ma è più facile colpire l’ultimo che il primo. Palermo è incattivita, non si discosta ormai dalle altre grandi città, città ignorante, razzista, classista, città abbarbicata ai propri piccoli interessi personali, e mi chiedo quale sia il bisogno di farne una città europea, una città riconosciuta unicamente sulla carta, riconosciuta per non perdere finanziamenti, una città che non cresce perché i cittadini sono sempre gli ultimi e da sempre sono abituati ad esserlo. Palermo è stata sistematicamente decostruita, dalla destra e dalla sinistra e questa primavera è lontana dalla già illusoria primavera orlandiana, rassegniamoci, la speranza non abita qui.
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