Tremila euro a persona: i risparmi di una vita o, in altri casi, la scelta di persone più facoltose. Tanto costava attraversare il Canale di Sicilia, dalla Tunisia alle spiagge di Mazara del Vallo, su gommoni veloci. Un’organizzazione messa su da sei tunisini e un italiano, cinque arrestati e uno denunciato a piede libero. L’italiano invece, Giuseppe Marcianò, è stato trovato morto ammazzato la mattina del 6 luglio nelle campagne di Campobello di Mazara. Non uno qualunque Marcianò: 47 anni, imprenditore agricolo, originario di Carini ma da tempo residente nel Comune trapanese dove era diventato proprietario di un agrumeto. Ritenuto vicino ad ambienti di Cosa Nostra, essendo figlio di Francesco Marcianò, arrestato qualche anno addietro, e genero di Diego Burzotta del mandamento di Mazara del Vallo. La posizione di Giuseppe Marcianò, dopo la sua morte, è stata stralciata dall’indagine della Guardia di finanza sul traffico di migranti. Ma gli approfondimenti continuano e il caso è passato alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Tra le piste seguite e da verificare anche i possibili collegamenti con i frequenti sbarchi nella costa agrigentina.
L’operazione delle Fiamme Gialle di Mazara del Vallo, coordinate dalla Procura di Marsala, è stata denominata Sunrise. Le indagini sono durate meno di quattro mesi e sono partite da uno sbarco, avvenuto il 24 maggio del 2017 proprio nei pressi di Campobello di Mazara. In quell’occasione il gommone è stato fermato una volta giunto a riva, oltre ai migranti a bordo c’erano anche 140 chili di sigarette di contrabbando provenienti dal Nord Africa e destinate a essere vendute soprattutto tra la comunità maghrebina di Mazara. Il traffico di sigarette è una delle attività costanti dell’organizzazione. Parlando con i migranti, i militari hanno ricostruito che durante lo sbarco era morto un tunisino, il 29enne Hamda Haitem, il cui cadavere sarebbe stato gettato in mare da due membri dell’organizzazione, tunisini pure loro, per velocizzare le operazioni di approdo dopo aver visto i militari.
Grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, è stata ricostruita la rete dell’organizzazione, con componenti e ruoli. Ogni viaggio avrebbe portato nelle casse del gruppo tra i 30mila e i 40mila euro, a guidare i gommoni erano esperti scafisti, ma l’attività continuava anche in Sicilia, dove sarebbe stata fornita assistenza logistica per la permanenza e gli spostamenti dei migranti. Con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dalla Tunisia e di contrabbando di tabacchi lavorati esteri sono stati arrestati Nejib Ammar, Karim Salem, Salim Bensalem, Issam Jemmali, Farese Cheick Nackch, quest’ultimo nato in Italia da famiglia tunisina.
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