Truffavano le banche con il «ritardo informatico» Così 14 catanesi avevano ottenuto 45mila euro

La truffa era quella del «ritardo informatico». Un meccanismo tanto semplice quanto ingegnoso per rubare soldi alle banche. Lo avevano escogitato 14 catanesi, uomini e donne, di età compresa tra i 62 e i 26 anni. Tutti destinatari di un avviso di conclusione delle indagini preliminari per i reati di associazione a delinquere e truffa.

Le indagini sono cominciate nel 2014, quando alcuni movimenti bancari sospetti avevano fatto scattare l’allarme all’interno di istituti di credito e postali della provincia di Catania. Analizzando le transazioni, i carabinieri di piazza Verga sono riusciti a ricostruire il sistema. Funzionava più o meno così: uno del gruppo apriva un conto corrente con dati falsi e ci versava dentro una piccola quantità di denaro. A quel punto riceveva il carnet degli assegni e le carte bancomat.

Contemporaneamente, qualcun altro faceva la stessa operazione in un’altra banca. Cioè: attivava un conto corrente, si faceva dare il carnet degli assegni e li compilava, depositandoli poi sul conto corrente del primo socio. Arrivati a questa fase, era solo questione di tempismo. C’è, infatti, un lasso di tempo in cui il sistema informatico rende disponibile la somma versata, senza che siano stati effettuati i controlli sulla disponibilità nel conto corrente.

In quell’intervallo di poche ore si inserivano i truffatori: allo scoccare della mezzanotte erano al bancomat, oppure a casa pronti a dirottare i soldi su una carta prepagata, su un conto vero, o su un’utenza telefonica da ricaricare. Fino a svuotare per intero il conto. In un caso, il gruppo si era spinto fino a inventare un’attività commerciale intestata a uno di loro, in modo da potere attivare il pos con le carte bancomat dei complici e simulare falsi pagamenti. In due mesi, avevano ottenuto così circa 45mila euro. Adesso sono tutti indagati.

Luisa Santangelo

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