Detenzione illegale di arma da sparo clandestina e munizioni, oltre al reato di ricettazione. Queste le contestazioni della polizia nei confronti di Francesco Ieni, pregiudicato catanese classe 1982, figlio del più noto Giacomo Nuccio Ieni. La polizia è arrivata a lui dopo alcuni controlli nel rione di San Giovanni Galermo. A casa del 38enne è stata trovata la pistola semiautomatica con matricola abrasa.
L’arma, secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, si trovava in un apposito incavo ricavato nel tetto. Perfettamente funzionante era avvolta in un canovaccio e munita di caricatore con undici cartucce. L’accurato controllo dell’abitazione del pregiudicato ha consentito, inoltre, di scoprire 90 grammi di marijuana, contenuti in un involucro in plastica. L’uomo era già sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di associazione di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Espletate le formalità di rito è stato condotto nel carcere di Bicocca a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Di Francesco Ieni, detto ‘u castoro, si è parlato la prima volta nel 2012, quando erano scattate le manette per un traffico internazionale di sostanze stupefacenti che passavano attraverso l’Olanda e Bologna prima di arrivare nel capoluogo etneo. A essere famoso, però, era suo padre: Giacomo Nuccio, ritenuto ai vertici del clan Pillera-Puntina, arrestato nell’operazione Atlantide nel 2006 (e condannato definitivamente nel 2017) e noto per gli arresti domiciliari che gli sono stati concessi dai giudici, nel 2009, per via della depressione.
Il suo nome torna agli onori delle cronache a ottobre 2015, quando la procura dispone nei confronti di Nuccio ‘u mattuffu un sequestro milionario di beni. Quattro milioni tra i quali spunta il nome della discoteca Empire di via Zolfatai. Lo storico locale catanese con cui l’amministrazione guidata da Enzo Bianco aveva iniziato una collaborazione per via della Strada degli artisti, inaugurata ufficialmente con tanto di fotografie assieme a Domenico Di Bella, non indagato ma ai tempi ritenuto dagli investigatori prestanome del boss.
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