Treni, Rfi esclude di portare l’alta velocità in Sicilia Esperto: «Non è gravissimo, ma servono più mezzi»

«L’alta velocità tra Napoli, Milano, Torino, Venezia esaurisce la necessità di collegamento tra i grandi centri urbani». La frase pronunciata dall’amministratore delegato di Rfi, Maurizio Gentile, durante un’audizione alla Camera, ha scosso quanti ancora oggi credono nella possibilità di avere treni veloci al Sud e, in particolar modo, in quella Sicilia che offre la possibilità di andare da Modica a Trapani in appena dodici ore o poco più. L’ad di Rete ferroviaria italiana – la società partecipata al cento per cento da Ferrovie dello Stato che si occupa della manutenzione delle infrastrutture del settore – è intervenuto nell’ambito dell’iter che dovrebbe portare al nuovo contratto di programma degli investimenti in tutta Italia. Documento che, abbracciando l’arco temporale 2017-2021, dovrebbe essere già in vigore da quasi due anni ma che invece è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale soltanto lo scorso aprile. Dall’1 gennaio 2017, infatti, i rapporti con Rfi proseguono in regime di proroga.

Al centro dell’attenzione ci sono 13 miliardi di euro che attendono di essere finalizzati e che fanno raggiungere al portafoglio investimenti della società quota 66 miliardi. Tra gli obiettivi perseguiti di Rfi si sottolinea il miglioramento dell’intera rete in termini di sicurezza ed efficienza. Qualità quest’ultima che va di pari passo anche con la velocità dei convogli. «La rapidità degli spostamenti è un’esigenza sempre più manifestata», ha detto Gentile, sottolineando però come la priorità vada data alle grandi città, anche nell’ottica di migliorare i trasporti intermodali. «I grandi aeroporti devono essere collegati con il sistema ferroviario. Fiumicino chiede che i treni ad alta velocità siano portati vicino allo scalo per favorire il turismo d’arte verso Torino e Venezia», ha aggiunto l’ad di Rfi. 

Scendendo più a Sud le cose cambiano, perlomeno per quanto riguarda le strategie che Rfi immagina per migliorare. «Il resto – ha spiegato Gentile, facendo riferimento alle aree in cui non è prevista l’alta velocità – può essere effettuato mediante una velocizzazione dei collegamenti. Se prendessimo Roma come centro del Paese, oggi si va da Torino a Roma in quattro ore e mezza. Fra qualche anno si andrà da Reggio Calabria a Roma nello stesso tempo». Nessun riferimento alla Sicilia fino a quando il parlamentare siracusano Paolo Ficara (M5s) non ha preso la parola. «In questi anni abbiamo assistito ai successi dell’alta velocità, mentre abbiamo visto che il trasporto regionale e di media percorrenza mantiene ancora diverse criticità – ha detto -. La voglia di usare i treni cresce se il servizio funziona, ma in Sicilia ogni giorno ci sono 429 corse, mentre in Lombardia ce ne sono 2300, pur avendo soltanto trecento chilometri di rete in più». A riguardo Gentile ha risposto non negando le carenze della rete siciliana: «Sicuramente le linee siciliane non sono adeguate al livello delle altre. Alcune con il tempo sono state elettrificate, ma ci sono senz’altro tracciati obsoleti. Uno dei progetti più importanti nell’accordo di programma – ha ricordato – è il raddoppio velocizzato Palermo-Catania-Messina, che vale circa otto miliardi. La tratta Messina-Catania è finanziata con due miliardi e 300milioni e, a breve, partiremo con la conferenza dei servizi». 

Per quanto concerne, il raddoppio tra Palermo e Catania, che ha subito una modifica negli scorsi anni, l’ad di Rfi ha spiegato i motivi della scelta. «Si è trattato di una proposta del sottoscritto – ha spiegato Gentile -. Tra Palermo e Catania ci sono 38 treni al giorno, anche se raddoppiassero non ci sarebbe necessariamente bisogno di una linea a doppio binario. Il problema, semmai, è la lentezza. Per questo, anzichè fare un raddoppio per l’intero tratto, ho proposto in una prima fase di costruire un solo binario veloce tra Palermo e Catania, in modo tale da ridurre di cinque anni i tempi in cui l’infrastruttura sarà disponibile garantendo il collegamento tra le due città in meno di due ore, con poche fermate nei capoluoghi. Mentre – ha aggiunto – l’altro binario servirà tutti gli altri paesi attraversati attualmente». 

«Affermare che l’alta velocità non sia il principale bisogno per la Sicilia non è avventato – commenta a MeridioNews Giuseppe Inturri, docente universitario ed esperto di trasporti -. La questione non è tanto avere treni che raggiungano i trecento chilometri orari, semmai averne che arrivino a duecento. Anche perché va ricordato che i treni dell’alta velocità, per loro natura, non potrebbero viaggiare sui traghetti». Quello di Inturri più che il preambolo per rilanciare la polemica sulla necessità del ponte sullo Stretto, sembra un modo di affrontare il problema da una prospettiva diversa. «Chi vive in Sicilia dovrebbe avere innanzitutto la possibilità di godere di tariffe agevolate, sfruttando l’insularità e la continuità territoriale, per i trasporti aerei perché – continua il docente – difficilmente sarebbe preferibile raggiungere Roma in cinque e passa ore, quando in aereo ci si impiega decisamente meno. Velocizzare le infrastrutture nell’Isola risponde invece a un’altra esigenza, quella di potersi muovere nella più grande regione d’Italia con servizi che oggi non sono per nulla all’altezza». 

Ma qui a entrare in gioco è anche un altro attore. «Non dobbiamo dimenticare che se Rfi si occupa delle infrastrutture, a gestire il servizio è Trenitalia – continua Inturri -. In Sicilia continuano a esserci ancora poche corse, al punto che diventa molto difficile pensare di pianificare la propria quotidianità basandosi sui trasporti ferroviari. I binari vanno senz’altro migliorati e bisogna intervenire in ogni modo per garantire che possano far viaggiare treni a velocità maggiori, ma è anche vero che su un binario possono viaggiare al giorno circa ottanta convogli, tra andata e ritorno. Con due binari si sale a duecento. Numeri che da noi ancora ci sogniamo». 

La fotografia del docente viene confermata anche dai dati. «In Piemonte per ogni abitante si garantiscono quattro chilometri di percorrenza dei treni, in Sicilia il rapporto è dimezzato – sottolinea -. Ci vogliono binari migliori, ma anche la volontà di farci viaggiare più treni. E questo dipende molto dalla politica: la Regione Siciliana, per via della propria autonomia, ha maggiore discrezionalità nella gestione dei fondi trasferiti dallo Stato e finora non ha dimostrato di volere puntare adeguatamente sulle ferrovie».

Simone Olivelli

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