Nessun rinvio a giudizio per il giornalista trapanese Beppino Tartaro, accusato di aver diffamato in uno dei suoi articoli l’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè. Il Gip, Caterina Brignone ha stabilito che non ci fu nessuna offesa e ha rigettato la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pubblico ministero Marco Verzera e la richiesta di risarcimento nei confronti del prelato costituitosi parte civile nell’ambito del procedimento.
La vicenda risale al 2013. Sulle macerie di Miccichè arriva Fragnelli, questo il titolo dell’articolo incriminato, pubblicato dal mensile Extra nell’ottobre di quattro anni fa. Tartaro, commentando l’insediamento del nuovo vescovo della città falcata, Pietro Maria Fragnelli, fa riferimento alla vicenda che due anni prima aveva investito la curia portando alla rimozione di Miccichè da parte del papa. «Il giornalista – secondo la procura – citava nel suo articolo la pendenza di un’inchiesta giudiziaria non ancora definita nei suoi particolari». Ancora prima di Extra, parecchie testate giornalistiche, tra cui l’Avvenire, avevano trattato lo scottante argomento. La vicenda a cui si fa riferimento è quella legata alla fondazione Auxilium. A scoperchiare il vaso di Pandora, il quindicinale alcamese L’Isola che nel 2010 pubblica un’inchiesta giornalistica in cui si denuncia l’ammanco di un milione di euro dalle casse della Fondazione gestita dalla curia.
Subito dopo lo scandalo, l’ex vescovo denuncia per calunnia il direttore responsabile dell’Isola, Gianfranco Criscenti e l’autore dell’articolo, il giornalista Giuseppe Pipitone. A supporto delle affermazioni dei giornalisti, arrivano le dichiarazioni dell’arciprete di Alcamo Ninni Treppiedi, sospeso ad divinis. Partono le indagini della Guardia di Finanza. Nel mirino degli investigatori, finiscono la vicenda legata alla fusione della Fondazione Campanile con l’Auxilium, la nomina di Teodoro Canepa, cognato del vescovo a capo della fondazione e la parentela con un esponente di Cosa Nostra dell’autista di Miccichè. L’ex vescovo ad un tratto da accusatore diventa accusato e chiamato a rispondere di appropriazione indebita e malversazione di fondi: quelli dell’8 per mille. Si grida allo scandalo e alla macchina del fango messa in atto per distruggerlo.
Le indagini invece regalano uno scenario differente. Nel 2015, beni per tre milioni di euro vengono sequestrati nell’abitazione di Monreale del prelato. Beni trafugati – secondo gli inquirenti – dalla sede dell’Auxilium, ovvero Villa Betania a Vaderice. Il cerchio non si chiude qui. Il nome di Francesco Miccichè è legato da un filo sottilissimo a quello di don Sergio Librizzi, l’ex responsabile regionale della Caritas condannato per abusi sessuali e attualmente in attesa della sentenza di secondo grado. Proprio Librizzi, ascoltato dai magistrati, avrebbe confermato che una parte dei fondi per l’8 per mille sarebbero stati sottratti dall’ex vescovo attraverso una serie di false attestazioni, fornite dallo stesso direttore della Caritas. Un tacito accordo che permetteva a Librizzi di gestire il sistema delle cooperative per l’accoglienza dei migranti in cambio delle false attestazioni. Oggi, a distanza di sette anni, la città attende ancora di sapere come si concluderà l’enorme vicenda che ha scosso l’intera chiesa trapanese. Il vescovo rimane al momento solo indagato.
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