Da settembre le denunce e le dichiarazioni si erano susseguite a proposito del caso della barriera sottomarina da realizzare a Santa Maria La Scala per contrastare l'erosione del mare. Un progetto che non piaceva a nessuno ma ormai avviato nel 2006. Ieri è stata trovata una soluzione, su cui adesso dovrà pronunciarsi la Regione siciliana. Salvando flora, fauna e basalti lavici. Guarda il video
Timpa di Acireale, il Comune incontra Legambiente Accordo su una variante per evitare la barriera
«Non siamo affezionati a quella barriera». Lo hanno detto più volte sia il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo sia l’assessore acese all’Ambiente Francesco Fichera. A proposito della barriera sottomarina da realizzare nella zona della Timpa di Acireale e più precisamente a Santa Maria La Scala. Ma finora alle parole non erano seguiti i fatti. Almeno fino a ieri, quando l’amministrazione acese ha incontrato Roberto De Pietro di Legambiente Catania, da sempre contraria al progetto, insieme a degli esperti – il vulcanologo docente di Unict Carmelo Ferlito per l’associazione e il geologo Alessio D’Urso per il Comune – concordi sull’inutilità del piano per contrastare l’erosione del mare. Un progetto che adesso potrebbe essere rivisto e che avrebbe messo a rischio la fauna e la flora dei fondali. Così come i basalti lavici del tipo presente nella zona, «rari nel Mediterraneo e che invece altrove, come in Irlanda, sono meta privilegiata del turismo e simbolo nazionale», spiega Ferlito che ci ha accompagnati alla scoperta del sito naturalistico.
La polemica scoppia a settembre, quando il consiglio comunale di Acireale approva la delibera che dà il benestare al progetto – risalente al 2006 – di una barriera di pietrame lavico lunga 217 metri. «L’attuale amministrazione ha dovuto tener conto della pena della revoca del finanziamento complessivo per un’opera già in parte realizzata», spiegava il sindaco Barbagallo, dopo la denuncia di Legambiente. In poche parole, se il progetto partito sotto un’altra giunta non fosse stato completato, a doverci mettere l’intero importo milionario sarebbe stata l’attuale amministrazione. Le settimane si sono poi susseguite tra denunce ed esposti di Legambiente – alla Procura e alla Corte dei Conti – e persino un’immersione nei fondali a opera del primo cittadino. Sullo sfondo, il silenzio imbarazzato della Regione Siciliana – interpellata anche dalla Corte dei Conti – che al tempo ha rilasciato le necessarie autorizzazioni.
Ieri arriva però un’apertura. «L’amministrazione e Legambiente condividono la medesima volontà di preservare le peculiarità naturalistiche e ambientali del territorio e del sito Grotta delle Colombe», fanno sapere gli intervenuti alla riunione. Dove si è discussa la possibilità di un progetto alternativo, considerata la necessità di «interventi prioritari rispetto alla barriera sottomarina». Interventi ancora alla studio degli esperti, ma comunque «coerenti con le finalità del progetto finanziato con i fondi comunitari e che andrebbero effettuati con urgenza per contrastare l’erosione del costone lavico della Timpa». La palla adesso passa alla Regione, che dovrebbe permettere al Comune di Acireale di apportare al progetto una variante. «Dimostreremo, anche attraverso studi scientifici, che ci sono interventi da fare sulla Timpa sicuramente più urgenti della barriera e la Regione sicuramente non si opporrà», commenta il sindaco Barbagallo.
D’accordo anche sulla proposta del vulcanogo Carmelo Ferlito di «far diventare Grotta delle Colombe un geosito d’interesse nazionale, al centro della promozione turistica dell’area», spiega il docente di Unict. Promozione che si baserebbe soprattutto sulla presenza dei basalti lavici, rocce a forma di prismi dalla casuale simmetria, i cui «affioramenti sono rari e quasi esclusivamente limitati ad aree in cui i fenomeni vulcanici non sono più attivi da milioni di anni, come nel caso dei basalti colonnari dell’Irlanda, dove la cosiddetta Scala dei giganti è una delle maggiori attrazioni turistiche della nazione», aggiunge Ferlito. Che fa anche una panoramica del fenomeno nell’area etnea: «Sull’Etna i basalti colonnari sono presenti in pochissimi affioramenti: lungo le pareti dei fiumi Alcantara e Simeto, ai faraglioni di Acitrezza, a Motta Sant’Anastasia e, infine, alla Timpa di Santa Maria la Scala». Questi ultimi interessati, almeno fino a ieri, dal progetto del Comune di Acireaole e con «una peculiarità significativa: sono presenti sia in affioramento subaereo che subacqueo», conclude Carmelo Ferlito.