A mancare non sarebbe la volontà dei cittadini, quanto – ancora una volta – l’efficienza della burocrazia. È il quadro che viene fuori dai dati dell’associazione Luca Coscioni riguardo l’invio dei testamenti biologici da parte dei siciliani e, soprattutto, la loro successiva registrazione da parte dei Comuni. Aspetto, quest’ultimo, per il quale l’Isola si attesta tra le regioni italiane più in ritardo. «Anche colpa del ministero, però, che per legge avrebbe dovuto informare i cittadini con apposite campagne e formare i dipendenti comunali, ai quali invece è arrivata una sola circolare nel 2018», spiega Matteo Mainardi dell’associazione e coordinatore della campagna sulla eutanasia legale, ospite a Ora d’aria, su Radio Fantastica e Sestarete tv.
Le disposizioni anticipate di trattamento – nome tecnico del testamento biologico – sono state introdotte dalla legge nel 2017, permettendo di depositare le proprie volontà – in forma scritta o video registrata – sui trattamenti sanitari che si intende accettare o rifiutare in futuro, nel caso in cui non si sia capaci di intendere e di volere in quel momento. Un’approvazione o rifiuto preventivo a pratiche come la nutrizione artificiale o l’accanimento terapeutico che tanto hanno fatto discutere negli anni passati, con battaglie sociali continue che hanno portato all’approvazione della legge. Battaglie non terminate, però, perché adesso c’è da garantire il rispetto di quel diritto: innanzitutto con la registrazione del testamento nella banca dati nazionale, così che sia accessibile da tutti i medici, ovunque ci si trovi. E poi nelle strutture sanitarie, dove la nuova legge ha avuto l’effetto di una rivoluzione.
«Al momento in Sicilia tre cittadini su dieci che hanno depositato il proprio testamento biologico, qualora succedesse loro qualcosa, non vedrebbero rispettate le proprie volontà perché i medici non potrebbero saperlo», continua Mainardi. Si tratta di quel 30 per cento e oltre di pratiche rimaste nei cassetti dei Comuni dell’Isola – contro il 12 per cento nazionale – sulle circa 7500 disposizioni depositate dai siciliani. Dati che dovevano essere forniti dal ministero della Sanità con un’apposita relazione, che però non c’è. Così l’associazione Luca Coscioni ha deciso di procedere con un accesso agli atti ai Comuni italiani e mappare da sé la situazione.
Anche in questo caso, le risposte dalla Sicilia non sembrano incoraggianti. Se a livello nazionale hanno risposto quasi tutti i capoluoghi di provincia, tra i pochi a mancare c’è proprio la siciliana Enna. E non va meglio a livello provinciale, dove al più virtuoso Trapanese e Siracusano, fanno da contraltare il Messinese – con soli due Comuni ad avere inviato i dati – e il Catanese. Che conta però il maggior numero di disposizioni anticipate di trattamento, con Catania che figura in alto anche nella classifica delle città italiane. Maglia nera Messina, con appena 29 testamenti presentati in Comune. Meno della vicina e più piccola Milazzo, con 68 disposizioni. «Non è un caso isolato, perché anche nel resto d’Italia succede che piccoli paesi abbiano numeri molto più alti di grandi città – conclude Mainardi – E questo dipende ancora una volta dalle campagne di informazione: dove i cittadini sono stati raggiunti, magari da medici o volontari locali, hanno risposto con interesse. E quante più persone chiederanno di depositare il proprio testamento biologico, tanto più i Comuni dovranno adeguarsi in fretta».
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