Test Medicina, da Palermo pronta class action «Tante le scorrettezze segnalate dagli studenti»

«Se a 19 anni imbrogli per entrare a Medicina, poi che medico sarai?». È una domanda legittima quella posta dall’avvocato Francesco Leone che, insieme alla collega Simona Fell, è pronto per organizzare una class action e per presentare un esposto alla procura della Repubblica «per tutelare il diritto allo studio». Sono circa mille i candidati che, dal capoluogo siciliano ma in generale da tutta Italia, si sono rivolti infatti allo studio palermitano per segnalare presunte irregolarità accadute il 4 settembre in occasione dei test di Medicina all’Università. «Le segnalazioni arrivate da Palermo sono quelle classiche, non abbiamo un casus belli enorme e deflagrante, ma abbiamo le cose che denunciamo da anni e che qui, come altrove, tendono a ripetersi sempre», spiega a MeridioNews l’avvocato Leone.

                     

Controlli quasi del tutto assenti nelle aule adibite per sostenere l’ambito test, che non manca ogni anno di far discutere, e addirittura uso frequente degli smartphone da parte dei futuri universitari, per citare solo alcune delle criticità più denunciate dagli studenti. «Dalle nostre ricerche emerge come la Sicilia sia una delle regioni più coinvolte da questo punto di vista. Per Palermo abbiamo le solite cose: controlli fatti non al cento per cento, disorganizzazione nelle aule. Un discorso che si ripete davvero ogni anno – spiega il legale -. Abbiamo raccolto dei dati oggettivi, il nostro obiettivo è quello di stracciare un velo di ipocrisia intorno a questi test, visto che ogni anni ci sentiamo dire che è andato tutto bene ma non è quasi mai vero». E i dati raccolti in effetti non si prestano a letture alternative. In molti hanno barato durante le ultime prove d’ingresso e questa è circostanza che rischia di diventare prassi. Una circostanza che rischia chiaramente di invalidare l’intera procedura, dato che la selezione è avvenuta a livello nazionale.

Si è rivelata vincente l’intuizione avuta dagli avvocati, che hanno incaricato l’esperto di analisi Antony Russo di verificare quante fossero state, nel momento in cui si svolgeva il test, le richieste poste attraverso i motori di ricerca sugli argomenti delle sessanta domande della selezione. Tutto messo nero su bianco, adesso, nelle sei pagine di report redatte dall’esperto. A sostenere questa battaglia intrapresa da numerosi studenti c’è anche l’associazione studentesca Rete universitaria nazionale (Run) e il senato accademico. «Non è possibile continuare a far finta di niente», è il commento duro infatti di Antonio Di Naro, del senato accademico di Palermo. Oltre ai dispositivi connessi durante la prova, al vaglio degli avvocati palermitani ci sono anche molte segnalazioni su domande errate o fuorvianti, adesso al vaglio di un team di esperti.

«Non si può fare un passo indietro rispetto a questi dati – torna a dire l’avvocato Leone -. L’appello lo facciamo alla politica, che deve darsi una svegliata e deve capire che questi test devono essere modificati e fatti seriamente. Dovrebbe essere ripensato tutto quanto il sistema, i questionari devono essere fatti bene e soprattutto bisogna saper controllare». A segnalare ogni anno quello che non va sono i ragazzi stessi che si sottopongono alla prova e che si ritrovano a essere controllori dell’esame cui stanno in quel momento prendendo parte. «Qui con me ho mille segnalazioni con nomi e cognomi rispetto a cose che non vanno. Naturalmente gran parte di queste possono essere mere suggestioni dei ragazzi, di chi magari pensa che avere un compagno a fianco che parla durante il test possa invalidare la prova ma così non è. Ci sono casi però molto interessanti anche. Speriamo quest’anno, con questi dati che sono oggettivi e impatteranno a livello nazionale sul test, che qualcuno possa svegliarsi e mettere a posto le cose, per il diritto allo studio e il merito. È molto triste quello che accade ogni anno per questi test. Ma è chiaro che qui le colpe sono anche delle università, non solo dei ragazzi».

Silvia Buffa

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