Terza fascia e dirigenza: una soluzione

Anche quest’anno sta ormai per giungere al termine senza che i problemi vecchi e nuovi del personale regionale vengano risolti. Non soltanto il rinnovo dei contratti arretrati – tanto del comparto che della dirigenza – langue, ma neppure vengono affrontati altri problemi che potrebbero contribuire a dare un po’ di energia e di fiducia ai lavoratori regionali sempre più frustrati e offesi da ingiuste e generiche accuse di “fannullonismo”, che se vere per alcuni, sono assolutamente false per molti.

Tra i problemi irrisolti vi è quello del persistere della terza fascia della dirigenza, dove è inserita la quasi totalità dei dirigenti regionali e che, nata ad esaurimento, continua ad esistere senza che si siano in alcun modo stabiliti i criteri per il passaggio alla seconda fascia, dove, frattanto, vengono inseriti i dirigenti neo assunti (grazie a chissà quali alchimie regionali) ormai divenuti una sessantina.

Il problema del passaggio dalla terza alla seconda fascia non riguarda soltanto la dirigenza, dal momento che la sua mancata soluzione finisce per bloccare le legittime attese di carriera da parte del personale di comparto, impedendo la nascita della vice dirigenza e, a cascata la progressione di carriera per tutti.

La terza fascia è una peculiarità della nostra Regione della quale non si capisce la logica, considerato che sono venute meno le differenze con i dirigenti della seconda fascia, in quanto tutti possono ormai accedere a tutti gli incarichi e vi sono persino dirigenti generali di terza fascia. Il passaggio dalla terza alla seconda fascia non ha alcun costo, dato che non comporta aumenti salariali di alcun tipo.

Il persistere di questa divisione viene guardata con sospetto e si teme che possa essere sfruttata per creare dirigenti di serie A, con tutte le prerogative e i compensi propri della categoria, magari scelti con criteri arbitrari, ed una di serie B, che finirebbe per essere una vice dirigenza camuffata.

Se questo dovesse avvenire non vi sarebbe più spazio per una vice dirigenza vera, con personale proveniente dal comparto, dal momento che appare difficile ipotizzare una vice vice dirigenza della vice dirigenza.

Si determinerebbe quindi una retrocessione di parte della dirigenza, che a sua volta creerebbe un tappo che impedirebbe a tutti i dipendenti a cascata di potere progredire nella carriera. A meno di non volere attendere che la terza fascia si estingua per decesso dei suoi componenti, è necessario provvedere a criteri razionali di passaggio alla seconda.

La soluzione più semplice sarebbe quella di un’abolizione pura e semplice ed il passaggio di tutti in seconda, aprendo nel contempo la via alla creazione della vice dirigenza. In alternativa, bisogna stabilire al più presto criteri chiari ed obiettivi per un graduale passaggio, ma l’inconveniente è il prolungarsi dell’attesa nella creazione della vice dirigenza, che dovrebbe attendere l’esaurirsi della fascia.

Il risolversi di questa situazione di grave incertezza organizzativa della Regione, che si protrae ormai da molti anni e che, ribadisco, sarebbe a costo zero, darebbe, per una volta, risposta alle legittime attese del personale, ridandogli vigore e speranza, specie se si iniziasse a riflettere su una riforma più complessiva che superasse lo scollamento oggi esistente tra la dirigenza ed il comparto e che certamente non contribuisce a rendere più efficiente l’amministrazione.

Giuseppe Anzaldi

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