«Non esistono terremoti di serie A e terremoti di serie B: non solo sarete aiutati, ma sarete anche risarciti». Luigi Di Maio fa una promessa solenne. E si impegna, in collegamento telefonico, a incontrare alle 12 del prossimo lunedì i sindaci dei Comuni dell’hinterland catanese che sono stati colpiti dal terremoto del 6 ottobre 2018, quando la terra sotto Santa Maria di Licodia ha cominciato a tremare nel cuore della notte. I primi cittadini, riuniti nella palestra dell’istituito Luigi Sturzo di Biancavilla (una delle scuole danneggiate dal sisma), hanno atteso con trepidazione la chiusura della riunione del Consiglio dei ministri per potere ricevere la telefonata del vicepresidente del Consiglio. Nello stanzone, ad aspettare la chiamata c’era anche il leader del Movimento 5 stelle siciliano Giancarlo Cancelleri.
«Conosco bene la Sicilia, grazie a Giancarlo Cancelleri che mi ha portato in giro lì per anni – esordisce Di Maio – Quando ho letto del terremoto che ha colpito le vostre zone, una cosa mi ha molto colpito: nel giro di mezz’ora la notizia era scomparsa dai giornali». Un fatto che, per Di Maio, accomuna la Sicilia ad «alcune altre aree del Paese o Comuni minori», in cui «i cittadini, i sindaci e le istituzioni locali vengono abbandonati ai loro problemi. Il governo non vuole che sia così». La garanzia, quindi, è una: «Mi impegno non solo a incontrare i sindaci, ma anche a portare nel prossimo mese, in legge di Bilancio, quello che serve per ripristinare ciò che è stato danneggiato da questo sisma». Almeno per quanto riguarda gli edifici pubblici, visto che gli importi sono già stati quantificati dalla protezione civile regionale.
«Ci vediamo lunedì prossimo, a Palazzo Chigi – sottolinea il capo del Movimento 5 stelle – A livello di metodo, questa settimana ce la prendiamo per quantificare gli importi per bene. Poi ci incontriamo, vediamo le cifre, scriviamo la norma e stanziamo quello che dobbiamo stanziare». Del resto, ribadisce ancora Luigi Di Maio, «non si può lasciare indietro nessuno. Dobbiamo dimostrare di essere diversi, altrimenti non saremmo il governo del cambiamento».
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