Desta molta impressione rileggere un articolo pubblicato lunedì 21 maggio dal quotidiano on line Affaritaliani.it. Soprattutto dopo quello che è avvenuto ieri in Emilia Romagna. Si tratta di un’intervista al professore Alessandro Martelli, Direttore del Centro Enea di Bologna. Lo scienziato, conosciuto non soltanto in Italia, ma anche all’estero, rivela essenzialmente due cose. Prima cosa: il terremoto che ha colpito l’Emilia il 20 maggio scorso e ieri era stato previsto. Secondo: un terremoto di intensità maggiore è previsto al Sud. Lo studioso, in particolare, paventa pericoli per alcune aree della Sicilia, con un preciso riferimento all’ara industriale di Siracusa.
Sentite cosa ha detto, a proposito del terremoti che potrebbero colpire le regioni del Mezzogiorno d’Italia il professore Martelli: “Più del Nord, adesso, mi preoccupa il Sud. Per il Nord cerano stati due studi. Uno allarmava per un eventuale terremoto e laltro no. Ed è arrivato il terremoto in Emilia. Cè un allarme per il Sud più grave in arrivo, perché lì sono stati applicati tre modelli di studio. Tutt’e tre danno lallarme rosso. Quindi questo preoccupa oltretutto perché prefigura un eventuale terremoto molto violento”.
Dopo questa illustrazione lo scienziato entra nei particolari e descrive i pericoli e le aree del Meridione d’Italia dove potrebbero essere registrati i maggiori danni. Zone a rischio che lo studioso individua in Sicilia e, precisamente, in alcune aree industriali. Il riferimento è, in primo luogo, all’area industriale di Siracusa, dove operano grandi impianti chimici.
“Il problema – spiega il professore Martelli – è che le scelte progettuali degli impianti sono state lasciate ai gestori e, generalmente, non è noto, per i diversi stabilimenti, se e quali criteri antisismici siano stati adottati. Poi cè il rischio da maremoto, evento raro, ma non impossibile (vedi l’incidente di Fukushima, ndr) e che, quando si verifica, è devastante: questo rischio appare del tutto trascurato negli impianti chimici italiani situati in prossimità delle coste, e in aree sismiche come ad esempio a Milazzo o se penso ai serbatoi sferici situati a Priolo-Gargallo, sono alquanto pessimista e preoccupato. Manca In Italia una specifica normativa per la progettazione antisismica degli impianti chimici”.
La provincia di Siracusa è, notoriamente, un’area sismica. Eppure non mancano gli impianti pericolosi realizzati con criteri che non tengono conto di eventuali terremoti. Ebbene, proprio tra Priolo e Melilli, gli uffici della Regione siciliana hanno rilasciato le autorizzazioni per la realizzazione di un secondo rigassificatore in Sicilia (il primo dovrebbe sorgere, se mai sorgerà, a Porto Empedocle, a meno di un chilometro dalla Valle dei Templi di Agrigento: una follia). E se questo secondo impianto di rigassificatore è bloccato, ebbene, il merito – che noi gli riconosciamo – è dell’attuale presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, che si è opposto e si oppone a questa seconda follia.
Il professore Martelli racconta anche che il terremoto che sta sconvolgendo l’Emilia era stato previsto. “Ci sono – si legge sempre nell’intervista dello scienziato del 20 maggio scorso – dei ‘cosiddetti’ strumenti di previsione che sono fatti in diversi Paesi, in Italia li fa lInternational Centre for Theoretical Physics (ICTP) e lUniversità di Trieste. In base al verificarsi di possibili anomalie nelle tre zone italiane, Nord, Centro e Sud vengono emessi degli allarmi. E un po come misurare la temperatura corporea e vedere se hai la febbre”.
“In marzo – racconta sempre lo scienziato – è stato diramato un allarme per la zona Nord perché era stato stimato un movimento del terreno di magnitudo maggiore del 5,4. Cerano notevoli probabilità che a Nord sarebbe arrivato un terremoto. La regione allarmata era questa anche perché cerano stati terremoti vicini, nel Garda, nel Veronese, poi a Parma. Lalgoritmo dellanalisi mostrava che era fortemente probabile”.
Il giornalista, a questo punto, chiede: come mai nessuno lo sapeva? La risposta del professor Martelli non si fa attendere: “Si tratta – dice – di metodologie sperimentali. Gli allarmi non vengono divulgati, ma comunicati a un gruppo di esperti nazionali . Nella Commissione Grandi Rischi si sapeva, ne abbiamo propria parlato il 4 maggio. Se ne discusse anche perché questo tipo di analisi non sono accettate da tutti i sismologi. Io posso solo dire che la Commissione Nazionale Grandi Rischi era informata dai primi di marzo”.
Foto a destra tratta da dirittodicritica.com
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