Un piano regionale approvato nel 2017, agli sgoccioli dell’era Crocetta, e fondi per 17 milioni di euro per buona parte ancora da appaltare o comunque aggiudicare. È la fotografia della situazione in Sicilia per quanto riguarda la microzonazione sismica, ovvero quell’insieme di procedure che consentono di determinare le possibili risposte ai terremoti dei terreni, e di conseguenza gli effetti sugli immobili e le infrastrutture.
Il tema, in questi giorni di stretta attualità, è legato alla prevenzione. A tirarla in ballo, parlando dei danni causati dal sisma di magnitudo 4.8 ai piedi dell’Etna, sono stati in molti: da Musumeci a Di Maio, dai vertici della Protezione civile nazionale agli esperti dell’Ingv. C’è stato poi anche chi, in maniera avventata, ha collegato le cause dei cedimenti nelle località di Fleri e Pennisi a un generico abusivismo, come l’urbanista e assessore del Comune di Roma, Paolo Berdini. Carte alla mano si può dire che al momento la Sicilia è ancora indietro con la mappatura, e questo nonostante risalga ormai a quasi dieci anni fa la legge – approvata dopo il terremoto de L’Aquila – con cui è stato istituito il fondo nazionale di prevenzione sismica, una quota di cui è riservata alla microzonazione: su 390 Comuni, sono 58 quelli in cui le procedure di primo livello sono state effettuate con il contributo delle Università di Palermo, Catania e Messina. A essi ne vanno aggiunti otto per i quali un primo lavoro è stato fatto nell’ormai lontano 2003: si tratta di Aci Catena, Acireale, Santa Venerina, Giarre, Milo, Sant’Alfio, Piedimonte Etneo e Linguaglossa, ovvero per larga parte gli stessi che hanno riportato i maggiori danni a seguito della scossa della notte di santo Stefano. La microzonazione fu realizzata dopo il terremoto che nel 2002 colpì le aree alle pendici dell’Etna, causando conseguenze importanti per le popolazioni locali.
Tornando al presente, a disposizione della Regione – tra fondi europei, risorse nazionali e contributi regionali – ci sono oltre 17 milioni, cinque dei quali per la microzonazione di primo livello e la restante parte per quella di terzo livello. Nel corso del 2018, sono state bandite le prime gare per l’aggiudicazione degli studi di primo livello. Alcune sono state espletate e aggiudicate, altre invece sono ancora in corso. Quelle di terzo livello devono, invece, ancora essere indette. A beneficiarne saranno gli enti locali: la microzonazione ha, infatti, l’obiettivo di fornire informazioni sul comportamento dei terreni anche su scala sub-comunale, dando così la possibilità di aggiornare i piani regolatori per le future attività di urbanizzazione, ma offrendo spunti pure in merito alle strutture esistenti.
Secondo la normativa, a essere sottoposti agli studi dovrebbero essere quei luoghi caratterizzati da terreni con un valore di accelerazione massima su suolo rigido superiore a 0,125 g. Tuttavia, la volontà della Regione è quella di estendere la misura sull’intera isola, dunque anche in quelle aree storicamente non interessate da sismi importanti. Tra gli approfondimenti che andrebbero fatti, c’è infine l’analisi delle condizioni limite per l’emergenza, cioè la definizione degli scenari per cui, in seguito a un terremoto e in presenza di danni tali da condurre all’interruzione della quasi totalità delle funzioni urbane presenti, compresa la residenza, la zona resterebbe comunque operativa per le funzioni strategiche per l’emergenza.
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