Terremoto Aci S.Antonio, oltre un milione di danni

Quasi mille richieste di sopralluoghi ad Aci Sant’Antonio, con centinaia
di abitazioni che già dopo la metà di quelli effettuati si mostrano
inagibili. Ma l’ente, con i suoi uffici e la collaborazione di vigili
del fuoco e protezione civile, non si è mai fermato: dopo l’importante riapertura della Chiesa Madre in vista della sentitissima festa del
Santo Patrono Antonio Abate, si punta a mettere a posto velocemente tre
delle scuole che hanno presentato danni e a dare a tutte le famiglie
coinvolte le risposte che aspettano per potere andare oltre quella terribile notte del 26 dicembre

Adesso si sta cercando di stimare i danni sull’intero territorio,
cercando di mettere sotto gli occhi una cifra realistica che guardi
anche alle ricadute in termini di impresa. Perché numerose sono le
aziende che operano sul vasto territorio santantonese in svariati
settori, e alcune di queste mostrano ferite di rilievo.
Tra le strutture private spicca la Sifi Spa, un’importante azienda
farmaceutica che opera nel campo oftalmologico e presenta in elenco di
produzione oltre 50 specialità farmaceutiche e dispositivi chirurgici e
medici. 

L’enorme edificio, costruito con criteri
antisismici, risalta sul territorio ai piedi dell’Etna, stagliandosi
solitario in una vastissima area fra la montagna e il mare.
All’indomani del terremoto, nonostante la struttura abbia retto
incredibilmente bene, si è avviata una conta dei danni che sul momento è
parsa aggirarsi attorno alle cinquecentomila euro ma che al momento è in
corso di stima.
Non sono stati registrati importanti cedimenti strutturali e lo
stabilimento della produzione chirurgica sta ripartendo (il via è
previsto per la fine di gennaio), grazie ai lavori di riparazione che da
subito sono stati messi in opera. Per quanto riguardo lo stabilimento
farmaceutico, l’edificio non ha riportato danni strutturali sostanziali,
in quanto realizzato con criteri antisismici. 

I periti incaricati e il
personale tecnico hanno prontamente effettuato una prima valutazione dei
danni e, contestualmente, la mappatura delle zone agibili, per
consentire l’accesso ai dipendenti e non interrompere l’operatività
amministrativa.
Tuttavia sono stati rilevati estesi danni murari, in particolare nelle
aree Ricerca e Sviluppo, Produzione, comunque non riferibili ad aree
sterili, e Magazzino. Pertanto, allo stato attuale, sono state sospese
le attività produttive, per le opportune verifiche tecniche sia nello
stabilimento dei dispositivi medici chirurgici che nell’area dispositivi
medici e farmaci.
Entro il mese di aprile si prevede il ristabilimento delle condizioni
pre-sisma e, pertanto, il ripristino di tutte le attività produttive
nell’area dispositivi medici e farmaci. 

Per certi versi è andata peggio al villaggio San Giuseppe, un
importantissimo centro di riabilitazione, con trentadue ospiti di ambo i
sessi per i servizi a tempo pieno (assistenza medica, sociale,
scolastica e quant’altro) e sessantaquattro utenti ambulatoriali (per
logopedia, psicomotricità, neuromotoria). La struttura, che sorge su
un’enorme area verde ai piedi dell’Etna, conta inoltre settantacinque
dipendenti, e questo restituisce un altissimo numero di persone al
momento coinvolte dal post-sisma considerando le famiglie di tutti e
dovendo giocoforza prendere in considerazione anche le attuali
centoventi richieste presenti nella lista di prenotazione ambulatoriale. 

Dei diversi edifici che compongono l’intera struttura (con dormitori,
cappella, refettorio, sala da pranzo, dispensa, aule, locali per le
terapie etc) tre moduli hanno subito importantissimi danni strutturali,
mostrando soprattutto in uno di questi i pilastri provati dalla scossa
che attualmente evidenziano la fatica a sopportare il peso della
struttura che reggono, col cemento paurosamente frantumato nella parte
di collegamento con le travi e tenuto a stento dalle gabbie di ferro che
sembrano dover cedere da un momento all’altro. 

Questa parte, chiaramente
totalmente inagibile, per ironia della sorte è quella di costruzione più
recente (nei primi due moduli ospitava già uffici e dormitori, mentre la
terza – la più danneggiata – aveva ancora bisogno di ottenere
l’agibilità): il resto della struttura, inaugurato nel 1968
(curiosamente l’anno del violentissimo terremoto del Belice), ha retto
benissimo, mantenendo la promessa della sicurezza antisismica con la
quale era stato messo in piedi, mentre queste nuove edificazioni,
realizzate con fondi regionali (e che quindi hanno visto i lavori
eseguiti su base della convenzione con la quale si è attinto a tali
fondi) hanno mostrato una disarmante, inattesa precarietà, che
attualmente li rende dei pericolosissimi ed enormi scheletri. 

Per di più
era stato da poco acceso un mutuo dallo stesso villaggio San Giuseppe,
per rendere operativa questa nuova ala della struttura sulle quale erano
state depositate enormi aspettative. «Il piano d’evacuazione ha funzionato e grazie a Dio nessuno, fra il
personale e i quindici ospiti presenti quella notte che era ancora di
festa, si è fatto male. Adesso abbiamo accorpato uffici e dormitori, e
posso dire che non ci siamo mai fermati: non possiamo», dichiara la direttrice della struttura, Marianna Ricupero, che insieme alla direttrice sanitaria, Paola Pane, alla psicologa, Maria Trovato e alla psichiatra, Maria Ida Contarino, evidenziano l’enorme danno che il sisma ha provocato,
stimato in oltre un milione di euro. 

«Il problema, oltre all’evidente disastro strutturale – sottolinea Paola
Pane – sta nel danno al progetto d’impresa: eravamo pronti per offrire
più servizi, coinvolgere un’utenza maggiore e altri lavoratori, che a
causa di quanto è successo adesso chiaramente non potranno usufruire di
quanto speravamo di offrire».
La paura, adesso, è che si spengano i riflettori. Dopo la visita del
Vicepremier Di Maio e del Presidente della Regione Musumeci, ora si teme
una fase di oblio che potrebbe avere pericolose ricadute sul futuro. 

«La volontà di andare avanti, chiaramente, c’è, le famiglie di chi si
rivolge a noi ci sono e noi facciamo il possibile, andiamo oltre i
nostri limiti – spiega Mara Trovato – ma abbiamo paura che questo non
basti: il giorno prima eravamo pronti ad allargare il nostro orizzonte,
stavamo per partire con importanti nuovi progetti frutto della fatica di
anni, e il giorno dopo ci siamo trovati ridimensionati, costretti
addirittura a fare dei passi indietro. Speriamo adesso che non ci si
scordi di noi». 

Il sindaco di Aci Sant’Antonio, Santo Caruso, si affianca all’appello: «Noi come ente siamo vicini alle strutture colpite e cercheremo di porre
l’attenzione su chi vede un freno sul proprio futuro. Sappiamo bene che
la Sifi e il villaggio San Giuseppe rappresentano dei punti di
riferimento con caratteristiche uniche, e non possiamo permettere che i
danni subiti ne compromettano l’operatività. Chiaramente faremo la
nostra parte e cercheremo di dare l’aiuto giusto nel migliore dei modi a
nostra disposizione: non possiamo però essere i soli, e non smetteremo
di fare sentire in questo senso la nostra voce».

(Fonte: Comune di Aci Sant’Antonio)

Redazione

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