Dovessimo contare tutte le volte che una grande infrastruttura è stata annunciata in Sicilia finiremmo per riempire pagine e pagine di giornale. Dovessimo invece contare tutte le volte che il nastro inaugurale di una di queste è stato tagliato ce la caveremmo con poche righe. Lo stesso discorso è valso negli ultimi anni per i famigerati due termovalorizzatori annunciati da Nello Musumeci, strutture che avrebbero dovuto in un colpo solo risolvere ogni problema relativo ai rifiuti sull’Isola, l’unica regione d’Italia in cui la raccolta differenziata – fonte Ispra 2021 – è ancora inferiore al 50 per cento. Puntualmente la notizia salta fuori, talvolta con una conferenza stampa, per poi ricadere nel dimenticatoio. Qualsiasi domanda a tema ai diretti interessati è sempre stata liquidata con un «siamo a buon punto». A buon punto di cosa, non è dato saperlo, visto che ancora di termovalorizzatori sul territorio siciliano non c’è neanche l’ombra.
E proprio Musumeci aveva voluto presentare la propria idea alla stampa, dicendo che il bando era in fase di pubblicazione. Vero. Peccato che si trattasse soltanto di un bando esplorativo, uno di quelli che servono a far alzare la mano alle aziende interessate alla realizzazione dell’opera e poco più. Stesso copione seguito da Renato Schifani e dai suoi nell’ultimo anno, copione ribaltato però lo scorso martedì a Roma. Nella capitale infatti, Schifani ha incontrato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin chiedendo la concessione di poteri speciali per portare avanti i progetti e tornando a casa ottimista, tanto da annunciare che i poteri sarebbero arrivati a breve.
La concessione dei poteri speciali, come accaduto nel caso del Comune di Roma, che in questo modo ha accelerato in maniera vistosa l’iter per la costruzione del suo termovalorizzatore, tocca al governo nazionale, che la deve approvare. Un passaggio che Schifani sente ormai come cosa fatta. Qualora a questo tipo di annuncio dovessero seguire fatti concreti a suffragio della tesi del presidente della Regione, allora sì, ci sarebbero grossissime probabilità di vedere la realizzazione dei due impianti, uno previsto a Palermo, anche per mandare in pensione la discarica di Bellolampo e l’altro nel Catanese e non più a Gela, come aveva ipotizzato illo tempore Musumeci. Altra differenza: Schifani ha intenzione di realizzare gli impianti con soldi della Regione e finanziamenti pubblici da Roma e Bruxelles, mentre l’ora ministro del Mare era intenzionato a lavorare in regime di project financing, cioè con la collaborazione e il contributo dei privati.
I poteri speciali non investirebbero solo Schifani, ma anche i sindaci e gli amministratori dei territori in cui ricadranno i due termovalorizzatori, in modo tale da accelerare ulteriormente l’iter o quanto meno scongiurare che i progetti si arenino tra le scartoffie degli uffici tecnici. «I rifiuti diventeranno una risorsa e produrranno energia – dice Schifani a margine di una conferenza stampa in cui si parlava d’altro, garantendo tra l’altro che si tratterà di impianti a emissioni zero – Mi sento vicino al governo Meloni che ha dimostrato vicinanza al governo regionale». L’obiettivo è quello di completare le strutture entro il 2027. Adesso si attende solo l’ufficialità. Dovesse arrivare, per una volta all’annuncio potrebbero davvero – stavolta – seguire dei fatti.
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