«Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa non ha centrato il problema sollevato dalla mia interrogazione». È netta la presa di posizione della senatrice pentastellata Loredana Russo, contro il suo esponente di governo nella risposta data oggi pomeriggio alla seduta di question time, dopo otto mesi di silenzio sul processo di riconversione della centrale Enel di Termini Imerese. Nella lettura data da Michele Dell’Orco, sottosegretario per le Infrastrutture e i Trasporti, Costa si è limitato a ripercorrere l’ingarbugliata vicenda che ha portato allo stallo attuale e a demandare le responsabilità sul possibile deposito di stoccaggio di idrocarburi alla Regione, la quale a sua volta afferma che «il Comune non ha comunicato nessun cambio di destinazione urbanistica sul sito in cui ricade la centrale e che nessun progetto risulta agli atti».
Nulla di nuovo, insomma, tanto che Russo ha risposto di non potersi dire «soddisfatta, il ministro si è limitato a un excursus che conosciamo, avrei gradito invece un parere sulla bontà o meno della riconversione in atto». D’altra parte il punto della situazione lo aveva tracciato proprio la stessa Russo nella sua interrogazione. Nel 2015 la multinazionale energetica ha lanciato il progetto Futur-e, che mira alla riconversione, totale o parziale, di 23 centrali elettriche obsolete o non più utilizzate. Un «percorso di economia circolare», secondo l’azienda, che vuole individuare in modo condiviso, attraverso bandi pubblici e concorsi di progetti, possibili soluzioni sostenibili e di lungo periodo in grado di trasformare le centrali individuate in una nuova opportunità di sviluppo per il territorio. «La centrale termoelettrica alimentata a gas in provincia di Palermo – scrive Enel sul proprio sito – ha vissuto negli anni diversi ampliamenti e trasformazioni. Solo una parte del sito, oggi non più funzionale alla produzione di energia, è inclusa in Futur-e». Ma è sull’altra parte esclusa che si concentrano i dubbi del comitato Mare Nostrum. Nonostante due sentenze del Tar e l’opposizione della popolazione, del Comune di Termini Imerese e della Regione Siciliana, non è ancora tramontata l’ipotesi di realizzare all’interno del sito industriale un deposito di stoccaggio di idrocarburi. A presentare il progetto nel 2017 era stata la Cancascì Petroli srl, oggi Levantoil.
Sul progetto, però, il ministero dell’Ambiente sceglie dunque di non pronunciarsi e di non diradare le nebbie che ancora restano, considerando che il contratto stipulato tra Enel e l’ex Cancascì Petroli prevede delle penali molto pesanti per la multinazionale energetica. «Termini non è solo crisi Fiat, ora Blutec, ma è anche un golfo incantevole come pochi, a partire dalle terme sintetizzate nel suo nome – ha aggiunto Russo nella sua risposta alle osservazioni del ministro dell’Ambiente – Un territorio però in cui i cittadini hanno pagato un prezzo altissimo, soprattutto in termini di salute, viste le scelte di industria pesante che sono state perseguite. Ma anche in termini di crisi sociale ed economica, a causa del fallimento di quelle scelte intraprese, e ancora di più dal punto di vista ambientale. I cittadini vogliono riscattare il territorio e non vogliono più scelte che cercano solo di recuperare il danno fatto. Il progetto Future-E di Enel potrebbe essere un ottimo punto di partenza, se non fosse che a Termini si è scelto di investire su un progetto di idrocarburi molto discutibile. A partire dal fatto che l’azienda non ha attuato una procedura ad evidenza pubblica, ostinandosi su scelte del passato, dal sapore antistorico e dall’impatto ambientale enorme. Sarebbe invece auspicabile che Enel rilanciasse con progetti davvero futuribili, come ad esempio è avvenuto a Catania. In modo da seguire la direzione tracciata dalla petizione popolare che ad oggi ha raccolto oltre seimila firme e che chiede una riconversione sostenibile per la centrale di Termini Imerese.
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