Terme Achilliane, la Chiesa incassa Mentre il Comune paga e la Regione tace

Un edificio pagano che si estende per circa cento metri sotto piazza Duomo. Sono le cosiddette Terme Achilliane, oggi considerate tra le principali testimonianze romane di Catania, ma che vantano un altro primato: essere il bene archeologico più conteso della città. In una gara a tre fra il Parco archeologico etneo, il Comune di Catania e l’Ente chiesa cattedrale, impegnati in una contesa giuridica che non è mai stata portata davanti a un giudice. Nel 2007, è l’allora sovrintendente ai Beni culturali etnei Gesualdo Campo a risolvere la questione in favore della Chiesa, che oggi stacca i biglietti per turisti e cittadini. E, almeno sulla carta, anche in favore del Comune di Catania, che ufficialmente non ha mai avanzato alcuna pretesa. Ma non pochi dubbi sulla reale proprietà sono stati sollevati invece dal Parco in una memoria inviata nel 2011 al dipartimento regionale Beni archeologici. Una nota rimasta senza risposta e di cui oggi sembra essersi persa ogni traccia, eccetto quella del numero di protocollo.

L’inizio del contenzioso.
Nell’autunno del 2005 la Sovrintendenza, in occasione dei lavori di ripavimentazione di piazza Duomo, decide di riaprire al pubblico le Terme – chiuse dagli anni Settanta – e di coinvolgere l’ente Cattedrale, nel cui sagrato ricade l’ingresso del bene – all’angolo tra la chiesa e il museo diocesano – e il Comune di Catania, proprietario di piazza Duomo sotto cui si trovano parte delle rovine. I due soggetti invitati però avanzano subito dei dubbi sulla proprietà delle Terme. Dubbi inclusi e poi rimandati a futuri approfondimenti in due successive bozze di convenzione fra i tre enti. L’ultima, provvisoria e temporanea, proposta dall’allora sovrintendente di Catania Maria Grazia Branciforti in attesa delle ricerche per stabilire la reale proprietà del bene.

La svolta di Gesualdo Campo.
Il nuovo sovrintendente Gesualdo Campo, subito dopo l’insediamento, sottoscrive a maggio del 2007 una nuova proroga della convenzione e ne informa circa un mese dopo la Regione. Nello stesso documento, Campo riporta quello che sarebbe il parere dei legali della Chiesa, basato su articoli e sentenze, la cui sostanza è: considerato che le Terme sono state scoperte prima della legge del 1909 che fissa la proprietà dello Stato delle cose scoperte (senza retroattività, ndr) e che il codice civile riconosce come proprietario del sottosuolo e del sovrasuolo lo stesso proprietario del suolo (con un articolo del 1942, anch’esso però non retroattivo, ndr), l’ente Cattedrale sarebbe il legittimo proprietario del bene. E lo Stato, qualora non fosse d’accordo con le norme, dovrebbe portare una prova contraria. Un impianto giuridico che convince Campo – che lo estende anche al Comune etneo, senza richieste ufficiali da parte dell’amministrazione -, ma che invece, secondo la memoria del Parco archeologico, fa acqua da tutte le parti.

L’affidamento delle Terme a Chiesa e Comune.
Così il 9 luglio 2007 – dopo aver atteso dalla Regione una prova contraria per appena 17 giorni – viene siglata la convenzione stabile per le terme Achilliane nella quale si indicano come soggetti proprietari la Chiesa e il Comune di Catania. Secondo il documento, mentre la Soprintendenza tiene per sé i compiti di manutenzione straordinaria e di sorveglianza, all’amministrazione etnea spettano l’erogazione dell’energia elettrica, la pulizia e la manutenzione ordinaria, comprese le costose idrovore indispensabili per evitare il continuo allagamento del bene. Alla Chiesa, invece, toccherà garantire l’accesso al monumento e spazzare il sagrato. Unica spesa: la stipula di un’assicurazione a tutela dei turisti e del personale. Ma se la convenzione va in porto, lo stesso non accade alla procedura di vincolo delle Terme, richiesta da Campo. Procedura necessaria per il controllo dei beni archeologici privati, ma in questo caso impossibile da portare avanti perché le Terme a quella data non sono ancora state iscritte al catasto e risultano quindi di ignoti proprietari.

Il passaggio definitivo delle Terme ai presunti proprietari.
Il tempo passa, la convenzione si avvicina alla scadenza, ma intanto si assiste a un cambio di ruoli dei protagonisti della vicenda. Campo torna a Palermo, nominato dirigente dei Beni culturali siciliani, e la Regione crea il costituendo Parco archeologico greco-romano di Catania, diretto dall’ex sovrintendente etnea Maria Grazia Branciforti. Ad aprile 2011 la Soprintendenza trasmette al Parco una bozza di rinnovo del protocollo dove si attesta in via definitiva la proprietà delle Terme da parte della Cattedrale e del Comune di Catania. Il Parco risponde avanzando dei dubbi, specie per la mancanza di documenti a supporto della tesi. Passano i mesi, la direzione Cultura del Comune etneo insiste per la firma, sostenendo l’ipotesi di un danno erariale alle casse dell’amministrazione comunale. Nonostante a gestire lo sbigliettamento e a incassare sia invece la Chiesa. Alla fine la convenzione viene stipulata senza la firma del Parco archeologico.

La memoria del Parco archeologico.
Ma il Parco non ci sta e trasmette alla Regione un documento dove risponde punto per punto all’impianto giuridico avanzato dalla Chiesa. Passaggio fondamentale del testo è la ricostruzione della storia della proprietà del bene, seppellito già nella tarda antichità. La prima scoperta parziale delle Terme appartiene infatti a Ignazio Paternò Castello, principe di Biscari, che scava per conto del regno di Sicilia e inserisce le Terme tra i beni demaniali – e non in quelli privati – in un apposito elenco. Allo stesso modo è un regio custode a costruire il primo ingresso, dove ancora non esisteva il sagrato della cattedrale – realizzato nel 1804 – ma l’area ricadeva sulla piazza Duomo, allora demaniale. Una gestione prima regia e poi statale portata avanti anche sotto il regno delle due Sicilie, il regno d’Italia e la Repubblica italiana. E’ sempre lo Stato infatti a occuparsi di far visitare il bene, scoprirne nuove parti – prima e dopo il 1909 –, cercare di risolvere il problema del ciclico allagamento – anche insieme al Comune di Catania a partire dagli anni ’50 – e a rilasciare alla stessa Chiesa etnea l’autorizzazione per eventuali sopralluoghi. Attestando quindi una proprietà mai messa in discussione anche dalla curia.

Le prospettive future.
Nel 1977, dopo l’ennesimo atto vandalico, il Comune di Catania – su richiesta di intervento della Sovrintendenza – fa murare l’accesso e le Terme vengono chiuse al pubblico. Sigillo rotto – e ingresso rinnovato – durante i lavori di ripavimentazione di piazza Duomo, tra il 2003 e il 2005, ad opera della soprintendenza etnea, pienamente operativa dopo il passaggio dei beni archeologici dal demanio statale a quello regionale. Così si arriva alla convenzione del 2005 e alla querelle sulla proprietà. Un cerchio che però non si è mai chiuso e che potrebbe costituire un pericoloso precedente nella gestione di tutti i beni archeologici d’Italia.

[Foto di Iorga Prato]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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