Un primato davvero poco invidiabile ma che pone Catania al primo posto nella classifica delle città italiane capoluogo con la tassa dei rifiuti più alta d’Italia. In media ogni cittadino catanese spende 504 euro. Quasi cinque volte in più rispetto a quanto pagano gli abitanti di Potenza con 121 euro. A completare la classifica, dopo il capoluogo etneo, ci sono Cagliari (481 euro) e Benevento (464 euro). A emergere è anche una sorta di monopolizzazione della classifica da parte della Sicilia. Tra le peggiori dieci città con i prezzi più salati ci sono infatti anche Siracusa (442 euro), Agrigento (425 euro), Trapani (424 euro) e Messina (422 euro). Anche se le ultime due rispetto al 2019 un po’ sono migliorate.
I numeri sono contenuti nell’ultimo report dell’osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanza attiva, realizzato nell’ambito del progetto Consapevolmente consumatore. In Italia, in media, per la tassa sui rifiuti ogni cittadino spende circa 300 euro, con il Trentino Alto Adige che primeggia come Regione con la spesa più bassa (193 euro). Quella con la spesa più elevata è invece la Campania (419 euro). Sicilia e Puglia hanno una media compresa tra 350 e 400 euro. Nessuna città dell’Isola fa parte delle dieci città più economiche. Oltre a Potenza gli altri due posti del podio sono occupati da Belluno e Bolzano, rispettivamente con 168 euro e 169 euro di media.
A pesare sui numeri sono le percentuali di raccolta differenziata. Le Regioni con la soglia più bassa, sotto il 40 per cento, sono Sicilia (appena 29,5 per cento) e Molise (38,4 per cento). Viaggiano su altri binari Veneto (73,8 per cento) e Trentino Alto Adige (72,5 per cento). La Lombardia supera di poco la soglia del 70 per cento. La maggior parte dei rifiuti urbani viene prodotto nelle Regioni del Nord (47,5 per cento), seguito da Sud e Centro. Per capire il disastro della Sicilia basta confrontare il dato sulla raccolta differenziata con le percentuali-obiettivi fissati da una legge ormai risalente al 2006. Secondo il testo, ogni Regione italiana avrebbe dovuto raggiungere la soglia del 65 per cento nella separazione dei rifiuti già nel 2012. Otto anni dopo quella data la Sicilia non ha raggiunto l’obiettivo del 2006, ossia il 35 per cento.
L’indagine di Cittadinanza attiva ha interessato le tariffe rifiuti applicate in tutti i capoluoghi di provincia italiani nel 2020 e ha preso come riferimento una famiglia tipo composta da tre persone e una casa di proprietà di 100 metri quadri. I costi rilevati sono comprensivi di Iva e di addizionali provinciali. Il costo salato per i cittadini di Catania, in un Comune dichiarato in dissesto, non è una novità. Già nel 2019 il capoluogo etneo aveva raggiunto la vetta con la stessa cifra. Rispetto allo scorso anno migliora invece la città di Trapani, passata da una media di 475 euro a 425 euro.
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