Taranto, meno male che c’è la magistratura

Nel dibattito sul rapporto politica-magistratura s’inserisce un altro nuovo elemento che dà ragione alla funzione insostituibile della seconda rispetto al nullismo espresso dalla prima. A Taranto, per smuovere la politica ad intervenire sull’emergenza ambiente nello stabilimento siderurgico dell’Ilva e nella città, segnatamente nel rione Tamburi, è stato necessario che il magistrato decretasse la chiusura dei reparti produttivi più inquinanti, affinché i sindacati, il governo e l’azienda decidessero d’intervenire per affrontare le soluzioni tecniche, mediante gli opportuni stanziamenti finanziari stabiliti dal Governo Monti. (sotto, un’immagine dello stabilimento Ilva di Taranto, foto tratta da greenstyle.it)

Va da sé che il magistrato – in questo caso il Gip Patrizia Todisco – può intervenire con gli strumenti di cui dispone: constatato che l’inquinamento ambientale da polveri tossiche supera i limiti imposti dalle norme vigenti e constatato che nessuno dei soggetti protagonisti del processo produttivo altamente inquinante muove un dito o faccia sentire la propria voce di denuncia dello stato di diffusione cancerogena delle emissioni dal ciclo di lavorazione, può usare l’unico strumento che la legge gli offre: la chiusura delle fonti inquinanti.

Apriti cielo! Polemiche a non finire se era opportuno che il magistrato intervenisse per rimuovere responsabilità che vengono da anni di trascuratezze. Ovvero se è meglio avere un lavoro e quindi un reddito, sacrificando la propria salute, magari ammalandosi o, addirittura, morendo a causa dalle emissioni cancerogene, o se è più serio bloccare il ciclo produttivo e chiedere alle imprese e allo Stato di intervenire a tutela della salute pubblica.

La discussione sul diritto alla salute, sullo sviluppo sostenibile o sulla tutela ambientale lo lasciamo a chi è competente sull’argomento. In questa sede interessa l’azione del magistrato. Il magistrato per suo compito non ha quello di prevenire i reati, bensì quello di giudicare e punire i reati quando questi sono avvenuti, quindi a valle degli accadimenti delittuosi.

Qui le responsabilità sono a monte e ricadono su coloro che, consapevoli della nocività delle lavorazione siderurgiche, non intervengono per tempo a limitarle, o meglio a modificare le tecnologie produttive più rispettose della tutela ambientale, a fare gli investimenti del caso per ovviare ai disastri ecologici e per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori.

Dopo l’intervento fermo del magistrato si sono mobilitati tutti, i sindacati (fischiati), i ministri (contestati), l’azienda con l’impegno ad innovare le tecnologie produttive introducendo accorgimenti meno inquinantik. Infine, il Governo Monti, che in quattro e quattr’otto ha deliberato lo stanziamento di 336 milioni di euro per gli interventi necessari a rimuovere le cause inquinanti mediante l’introduzione di nuovi sistemi tecnologici nel ciclo produttivo dello stabilimento siderurgico di Taranto (Ilva, ex Italsider). (a destra, un’immagine degli stabilimenti industriali di Priolo, foto tratta da blog.dida-net.it)

Le dichiarazioni dei politici pugliesi si sprecano, tutti a sostegno della sensibilità e della prontezza del governo Monti ad intervenire per superare in breve tempo gli inconvenienti verificatisi all’Ilva. Persino il presidente della Regione Puglia, Nicki Vendola, ha ritenuto di dovere ringraziare tutta la delegazione parlamentare pugliese a sostegno dell’intervento governativo. Il ministro Corrado Clini, addirittura, ha sottolineato che la commissione incaricata di approntare le soluzioni tecniche da introdurre nel ciclo lavorativo dello stabilimento definisca tali soluzioni in una settimana.

Bravi tutti. Nessuno ha ritenuto di dovere ringraziare il magistrato che, con il suo atto, è stato determinante a trovare in un lampo i soldi necessari agli investimenti in tecnologia, a fare in modo che in una settimana si trovino le soluzioni tecniche per evitare lo scempio delle vite dei lavoratori dell’Iva e dei cittadini di Taranto, soluzioni che nei decenni precedenti nessuno aveva mai nemmeno pensato di cercare.

Certo, le polemiche continuano. Soprattutto dopo i recenti provvedimenti della magistratura. Che, in ogni caso – ricordiamolo – si sta sostituendo a uno Stato che non si è mai occupato dell’inquinamento di Taranto. E lo stesso discorso vale per la politica e per i sindacati. Non sono stati i politici a sollevare il ‘caso’ dell’inquinamento provocato dall’Ilva. E di questo non si sono occupati nemmeno i sindacati. E’ stata – lo ribadiamo – la magistratura a sollevare un problema serio che né la politica, né i sindacati avevano mai affrontato.

Noi ci auguriamo che la stessa cosa avvenga in Sicilia. Ci sono aree della nostra Isola dove l’inquinamento raggiunge livelli insopportabili. Basti pensare all’area industriale di Siracusa e, segnatamente, a Priolo e Melilli. Per non parlare delle raffinerie di Augusta. O della rada, sempre di Augusta, che non viene bonificata perché non si sa dove andare a piazzare i veleni – mercurio in testa – scarica in mare nel corso degli anni. (a sinistra, le ciminiere delle raffinerie di Augusta, foto tratta da picasaweb.google.com)

Lo stesso discorso vale – anche se con toni meno gravi (o quasi) per Gela e Milazzo. 

Qual è, allora, la morale di questa storia? Bravi i Costituenti che hanno indicato nella magistratura un organo indipendente dagli altri organi dello Stato, perché la certezza del diritto in uno Stato democratico è la Democrazia.

Se ne ricordino i componenti della Corte Costituzionale quando saranno chiamati a pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, circa le indagini puntuali e determinate che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ha condotto sulla trattativa Stato-mafia.

 

Riccardo Gueci

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