Nessun rischio di reiterazione del reato. Sarebbe questa la motivazione con cui il Tribunale del riesame di Palermo ha deciso di revocare gli arresti domiciliari a Dario Lo Bosco, l‘ex presidente di Rete ferroviaria italiana (Rfi) arrestato il mese scorso perché coinvolto in un’inchiesta legata a un giro di mazzette pagate dall’imprenditore agrigentino Massimo Campione. A chiedere la revoca erano stati i legali di Lo Bosco, gli avvocati Francesco Crescimanno e Bartolomeo Romano.
Stando a quanto riportato dall’Ansa, a convincere i giudici sarebbe stata l’impossibilità per Lo Bosco di ripetere la condotta delittuosa, in seguito alle dimissioni da Rfi e da Ast, la società regionale che gestisce i trasporti in Sicilia.
Nello specifico, Lo Bosco è accusato di aver preso una mazzetta da oltre 58mila euro pagata da Campione, per sollecitare l’acquisto di un prototipo per il monitoraggio dell’usura delle carrozze ferroviarie. A finire agli arresti sono stati anche i funzionari del Corpo forestale, Salvatore Marranca e Giuseppe Quattrocchi, accusati di aver intascato tangenti per oltre 250mila euro: bustarella che Campione avrebbe pagato per agevolare l’iter di un appalto da 26 milioni. Fondamentale nell’inchiesta le rivelazioni dello stesso imprenditore agrigentino.
La revoca dei domiciliari non è stata influenzata da quanto avvenuto qualche settimana fa quando, come riportato dall’Ansa, il genero di Lo Bosco si sarebbe presentato davanti Campione, il quale avrebbe in parte ritrattato le accuse: «Il ragazzo ha registrato la conversazione e l’ha, poi, consegnata a un giornalista. Campione, poi, tornato dagli inquirenti ha ribadito la prima versione» scrive l’agenzia di stampa. I giudici, tuttavia, hanno stabilito che Lo Bosco non era a conoscenza di quanto fatto dal genero.
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