Un fenomeno «pervasivo» che mina «la liceità delle attività economiche impedendo la libera concorrenza e danneggiando il mercato, il territorio e i suoi cittadini». Il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, commenta così il giro di tangenti, portato alla luce dall’operazione Black List della Squadra mobile di Palermo, che ha arrestato il presidente di Rfi e dell’Ast, Dario Lo Bosco, e due funzionari del Corpo Forestale della Regione, Salvatore Marranca e Giuseppe Quattrocchi.
«Qualche giorno fa il procuratore di Roma Pignatone ha usato il termine deprimente per descrivere la corruzione – ha detto ancora il numero uno della procura palermitana durante una conferenza stampa per illustrare i dettagli del blitz -. Credo che si possa usare lo stesso termine per descrivere non tanto la quotidianità quanto la pervasività del fenomeno corruttivo».
Un’indagine andata avanti grazie alle intercettazioni, che sono state «essenziali». Così gli investigatori sono riusciti ad ascoltare Massimo Campione, titolare di una società di costruzioni, mentre si sfogava nella sua auto. «Cunsumato sono» diceva, riferendosi al ritrovamento da parte degli investigatori del libro mastro delle tangenti: nomi e cifre, che adesso sono al vaglio degli inquirenti. Il tutto appuntato con «un ordine mnemonico che denuncia una pedanteria metodica». Ma l’altro aspetto, che gli investigatori sottolineano è «la naturalezza delle tangenti: non si parla di una o due tangenti ma di un vero e proprio asservimento di una parte deviata del corpo forestale che si metteva a disposizione dell’imprenditore» ha spiegato il procuratore aggiunto Dino Petralia, che insieme a Lo Voi e al sostituto Claudio Camilleri, ha coordinato le indagini.
«Chissà che tutte le vicende che affliggono il corpo forestale – ha aggiunto – non dipendano anche da queste vicende che tolgono capitali alle risorse pubbliche. Questo atteggiamento lo abbiamo notato anche nell’imprenditore Campione. Lo spunto per l’indagine è venuto nell’ambito di un’altra inchiesta più ampia. Abbiamo notato una confidenzialità estrema tra l’imprenditore e il direttore dei lavori, tra appaltatore e stazione appaltante, che andava ben oltre i rapporti fisiologici».
Una rete ramificata che potrebbe portare a svelare un sistema consolidato di corruzione. «Non so se si può parlare della punta di un iceberg – ha concluso il procuratore aggiunto -. La corruzione, per definizione, non è mai singola e specifica. Ma è un fenomeno molto, ma molto più ampio di quello che si può immaginare. Lo Bosco? Avrebbe richiesto soldi».
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