Subisce attentati, denuncia tentativo di estorsione Dopo cinque anni revocato il programma di protezione

Ha minacciato di darsi fuoco Angelo Antonio Pupillo, il trentanovenne siracusano a cui, dopo cinque anni, è stato revocato il programma di protezione riservato ai testimoni di giustizia a cui era stato sottoposto dopo aver denunciato un presunto tentativo di estorsione. 

Pupillo, che ha subito attentati intimidatori e incendiari nel 2002, dopo aver denunciato gli episodi di cui era vittima alle forze dell’ordine, ha anche acconsentito a incontrare i responsabili indossando un microfono per registrare le conversazioni. Al termine delle indagini, nel 2011, i quattro soggetti da lui denunciati sono stati arrestati. Intanto, nel 2008 Pupillo aveva visto distruggere anche la sede del suo autosalone.

Ritenute attendibili le sue denunce, viene trasferito in una località segreta, insieme ai suoi genitori ed entra a far parte del programma di protezione provvisorio all’interno del quale rimane per cinque anni. Stando a quanto racconta, adesso la Commissione centrale avrebbe disposto la revoca di questo programma a causa della scarsa caratura criminale dei soggetti da lui accusati, che sono stati incriminati non per estorsione ma per usura e senza l’aggravante di associazione o metodo mafioso e che sono stati tutti assolti.

Dal punto di vista procedurale, l’aspetto che colpisce di più è che la Commissione centrale che nel 2011 ha deliberato l’ammissione di Pupillo allo speciale programma di protezione provvisorio, non abbia poi provveduto ad annullarlo o a trasformarlo in definitivo, entro i 180 giorni previsti dalla legge, a prescindere dall’esito del processo. In questo caso, il giudizio di attendibilità delle denunce e l’esposizione al rischio di Pupillo sono state documentate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania con il parere anche della Direzione nazionale antimafia. Che però sottolinea come tra alcuni denunciati e il capomafia del locale clan, Sebastiano Nardo, ci sia solo un rapporto di parentela e nulla più. 

«Anche se discutibile – commenta a Meridionews il deputato Pd Davide Mattiello, che in Commissione antimafia coordina il gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia, i collaboratori e le vittime di mafia – non è illegittimo che, dopo anni, l’autorità giudiziaria dica che è venuto meno il rischio e decida, quindi, di rimodulare le misure di sicurezza».

Che il meccanismo del sistema di protezione non funzioni perfettamente è fatto noto, però c’è da dire che Pupillo ha lanciato questa denuncia pubblica dopo aver impugnato la delibera della commissione centrale presso il Tar del Lazio e perso in tutti i gradi di giudizio amministrativo dove anche il Consiglio di Stato gli ha dato torto tutte le volte.

«Bisognerebbe chiedere alla Dda di Catania – afferma Mattiello – perché il processo è stato istruito per usura e non per estorsione, perché sono stati tutti assolti e perché non sussiste più pericolosità per Pupillo. Ma sarebbe necessario anche domandare alla Commissione centrale – conclude – il motivo per cui Pupillo è stato lasciato al sistema di protezione provvisorio per cinque anni, anche se la legge dice che una decisione va presa al massimo entro 180 giorni».

Mentre sono ancora molti gli interrogativi che restano aperti, Angelo Antonio Pupillo chiede di essere ricevuto dalla Commissione centrale di protezione del Viminale, anche perché nel frattempo le attività commerciali che aveva sono state chiuse e la casa dei suoi genitori è stata pignorata.


Aggiornamento.

A differenza di quanto precedentemente scritto in questo articolo, i soggetti denunciati da Pupillo, come comunica la Procura distrettuale di Catania nel 2010, non sono mai stati arrestati né condannati per reati di mafia.

Marta Silvestre

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