Studentessa molestata ai Benedettini «Ero in facoltà e mi sentivo protetta»

«Non ho sporto denuncia ai carabinieri perché mi hanno detto che se non ci sono prove è inutile, ma voglio raccontare quanto mi è successo perché spero che così non succeda ad altre ragazze». Vuole rimanere anonima la studentessa che intorno alle 19.30 di ieri sera è stata molestata da un uomo all’interno del Monastero dei Benedettini, sede della facoltà di Lettere e Filosofia di Catania.

Era da sola in una delle aree studio – quella che gli studenti chiamano ponte dove i banchi sono posti di fronte alle grandi finestre che danno sui due chiostri – quando le si è avvicinato un uomo «poco più che trentenne, basso, tozzo e con capelli, pizzetto e occhi scuri», racconta, con la scusa di essere un operatore della Sanagens e chiedendole se aveva ricevuto un volantino informativo. «Mi ha detto che stavano organizzando corsi di ortopedia e yoga per studenti. Ero scettica, ma ho fiducia nelle istituzioni e quindi credevo avesse il permesso», racconta la ragazza senza nascondere l’amarezza che prova per essere cascata nel tranello.

Con la scusa di un’errata postura del piede, l’uomo è riuscito a farle togliere il calzino. Ha preso il piede tra le mani e ha cominciato a massaggiarlo. «È come se mi avesse ipnotizzato. Ho sentito una pressione mentale», dice la studentessa. È durato circa tre minuti, fino a quando l’uomo non ha appoggiato il piede della ragazza tra le sue gambe sopra i genitali. «A quel punto ho provato una sensazione di malessere. Mi sono irrigidita e gli ho chiesto a che titolo era lì», dichiara la giovane, che con le sue domande è riuscita a far allontanare il molestatore feticista.

L’uomo aveva avvicinato ed importunato anche un’altra studentessa prima di lei. «Poco dopo averlo allontanato, ho sentito le voci del bidello e dell’addetto alla sorveglianza che erano insieme ad una ragazza in lacrime», dichiara. Dal racconto del bidello è venuta a sapere che avevano fermato l’agressore ma che alla fine era riuscito a scappare.

La giovane, però, non ha sporto denuncia. «Ho chiesto all’altra ragazza se voleva denunciare insieme a me, ma non se l’è sentita, e mi hanno detto che una denuncia contro ignoti da sola e senza prove è inutile». Giustifica così la sua scelta senza nascondere la rabbia. «È assurdo che all’interno di un luogo come l’università non ci sia un adeguato sistema di videosorveglianza», dice. Se ci fosse stato avrebbe avuto le prove e il molestatore avrebbe potuto pagare per il suo gesto. Adesso invece per cercare di evitare alle sue colleghe la sua stessa brutta esperienza può solo raccontarla. «Mi sentivo al sicuro all’interno della facoltà, anche perché dopo le 19 c’è un sorvegliante davanti al portone, e invece mi sbagliavo», dice amareggiata.

Agata Pasqualino

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