Che lo Stretto di Messina, fosse un’area sismica, si sapeva. E il disastroso terremoto, seguito da uno tsunami, degli inizi del Novecento, in cui rimasero uccise 60mila persone, ne è una prova.
Ma fino ad oggi, non si sapeva fino a che punto lo fosse. Una lacuna colmata da uno studio dell’università La Sapienza e del Cnr, appena concluso, di cui ha dato notizia oggi TgLeonardo, il telegiornale scientifico della Rai.
Lo studio, durato un anno, e condotto con sonde speciali trasportate dalla nave ‘Urania’, ha scoperto nuove faglie sotto lo Stretto che potrebbero essere causa di violenti terremoti. Pubblicato su Scientific Reports (www.nature.com/srep), ha messo in evidenza che la regione dello Stretto di Messina è interessata da un complesso sistema di faglie dove coesistono su brevi distanze, regimi tettonici diversi: estensionali, trascorrenti e compressivi.
Infatti, diverse faglie attive sono state individuate anche nel settore settentrionale dello Stretto che si affaccia sul Mar Tirreno, dove inoltre è presente una vasta struttura ad anticlinale, anchessa attiva, che interessa lintera crosta superiore.
Conclusioni che dovrebbero mettere la parola fine al progetto del Ponte: “Non possiamo entrare nel merito delle scelte- dicono gli studiosi- cioè che è certo è che non si può prevedere l’entità dei terremoti che potrebbero provocare queste faglie finora sconosciute”.
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