L’agenda rossa di Paolo Borsellino? Fatta sparire con certezza da uomini non appartenenti a Cosa nostra. Gli stessi che che hanno partecipato, moralmente e materialmente, all’eliminazione del giudice il 19 luglio 1992. Sono questi due dei passaggi salienti messi nero su bianco dai giudici del tribunale di Caltanissetta nelle oltre 1400 pagine delle motivazioni della sentenza sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. Il processo si è concluso il 12 luglio 2022 con la prescrizione del reato di calunnia aggravata contestato ai poliziotti Mario Bo e Fabrizio Mattei e l’assoluzione del terzo poliziotto imputato, Michele Ribaudo. «L’istruttoria dibattimentale ha consentito – scrivono i togati – di apprezzare una serie di elementi utili a dare concretezza alla tesi della partecipazione morale e materiale, alla strage di Via D’Amelio, di altri soggetti diversi da Cosa nostra e/o di gruppi di potere interessati all’eliminazione di Paolo Borsellino».
A dimostrare l’ingerenza di terzi soggetti sarebbero «l’anomala tempistica della strage di via D’Amelio (avvenuta a soli 57 giorni da quella di Capaci), la presenza riferita dal pentito Gaspare Spatuzza di una persona estranea alla mafia al momento della consegna della Fiat 126 imbottita di tritolo e la sparizione dell’agenda rossa di Borsellino». Quest’ultima, secondo i giudici, «a meno di non ipotizzare scenari inverosimili di appartenenti a Cosa nostra che si aggirano in mezzo a decine di esponenti delle forze dell’ordine, può ritenersi certo che la sparizione dell’agenda non è riconducibile ad una attività materiale della mafia». «La presenza anomala e misteriosa di un soggetto estraneo a Cosa nostra – concludono – si spiega solo alla luce dell’appartenenza istituzionale del soggetto, non potendo logicamente spiegarsi altrimenti il fatto di consentire a un terzo estraneo alla consorteria mafiosa di venire a conoscenza di circostanze così delicate e pregiudizievoli per i soggetti coinvolti come la preparazione dell’autobomba destinata all’uccisione di Borsellino».
I giudici del collegio hanno sottolineato anche «l’obiettiva ritrosia di molti soggetti escussi – non solo spettatori degli avvenimenti dell’epoca, ma anche attori, più o meno centrali, delle vicende oggetto di esame – a rendere testimonianze integralmente genuine che potessero consentire una ricostruzione processuale dei fatti che fosse il più possibile vicina alla realtà di quegli accadimenti». A proposito del depistaggio nelle motivazioni viene messo nero bianco anche com i servizi segreti non avrebbero potuto partecipare alle indagini sulla strage.
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