Strage di via d’Amelio, prima volta senza Rita  Teresi: «Pezzi di Stato colluso lontani da qui»

«Quei pezzi dello Stato che hanno brigato con la mafia si devono vergognare. E se vogliono venire in via D’Amelio devono venire qui a dire la verità: altrimenti è meglio che non vengano. Le scuse non servono, ma la gente ha il diritto di sapere». Nel giorno del ricordo, che spesso scade nella retorica, c’è anche spazio per un richiamo alle responsabilità. E a farlo non è un semplice cittadino, ma uno dei pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, Vittorio Teresi. Un’accusa che l’attuale presidente del Centro studi Paolo e Rita Borsellino lancia da via D’Amelio, dove il 19 luglio del 1992 l’esplosivo della mafia dilaniò il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. «Siamo riusciti a trovare un pezzetto di verità – prosegue riferendosi ai processi da lui istruiti – Ne mancano ancora molti, ma confido nel fatto che arriveremo a una verità piena. Certo – ha ammesso un pizzico di amarezza – se qualche politico si decidesse a parlare non sarebbe male anziché aspettare 21 anni prima di farlo».

Poi, riferendosi alle audizioni desecretate del giudice Borsellino in commissione Antimafia, che tanto clamore hanno suscitato in questi giorni, aggiunge «Ho rivissuto lo sgomento di un periodo in cui il ministero le istituzioni erano distanti da noi anni luce. Non capivano quali erano i reali problemi di sicurezza di Palermo e non lo capivano in maniera colpevole perché comunque qui erano stati ammazzati già il presidente della Regione Piersanti Mattarella, il segretario del Partito Comunista, della Democrazia Cristiana, Chinnici e Dalla Chiesa. Tutto questo avrebbe dovuto insegnare qualcosa, invece hanno messo la testa sotto la sabbia».

Ma oggi è un giorno speciale perché per la prima volta, per usare le parole di una delle nipoti, «non c’è più Rita Borsellino a illuminare tutti con il suo sorriso». Il giorno dell’assenza, quindi, ma anche del ricordo che si fa più forte con il passaggio di testimone. Come racconta Valentina Corrao, 18 anni, che ricorda come la nonna amasse «questa parte della giornata dedicata ai bimbi perché grazie al gioco si impara più facilmente mentre si fa memoria». Proprio il gioco dell’oca della legalità, creato dalle nipoti di Rita e disegnato da Valentina: 30 tessere dedicate alla lotta civile al femminile un tributo alle donne, come Francesca Morvillo, Augusta Agostino, Emanuela Loi, che hanno dedicato la propria esistenza al tema della giustizia. «Questo è il momento che preferiva di più – dice commossa – perché per lei era più importante arrivare ai bambini che sono il futuro e la speranza». 

Una presenza, la sua, testimoniata anche dalle foto che campeggiano sui balconi che si affacciano in via D’Amelio, sui quali campeggiano le immagini degli agenti di scorta di Borsellino e il volto di Rita sul quale si legge il messaggio “il modo migliore per ricordare oggi Paolo è ‘fare memoria’ che significa impegnarsi quotidianamente perché il passato non torni”, come ribadisce lo stesso Salvatore Borsellino: «Rita è qui, c’è nelle sue nipoti che sono qui a lottare per lei, ma c’è ance Paolo, e gli agenti della scorta bisogna solo saper vederli». Non manca la polemica riguarda la presenza delle istituzioni: «Possono venire qui ma l’importante è che non pretendano di portare simboli di morte, di arrivare e di essere ricevuti in pompa magna. In via D’Amelio devono venire e inchinarsi davanti all’albero come fanno tutti i cittadini di Palermo».

Ad affollare la piazza colorata e variopinta, ci sono anche i bambini del quartiere Brancaccio del Centro Padre Nostro, impegnati a realizzare disegni, mentre poco distante ci sono i ragazzi dei campi estivi organizzati dall’Arci nei terreni confiscati alla mafia a Corleone e affidati alla cooperativa lavoro e non solo. Presente anche una delegazione degli studenti dell’università Kore di Enna che ha organizzato attività ludiche rivolti ai più piccoli, come Ivana Leonardi, studentessa in Scienze della Formazione primaria: «L’unico modo per combattere la violenza è conoscerla, per questo realizziamo dei messaggi che poi i bambini appenderanno all’albero di Borsellino». 

Antonio Mercurio

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