Strage di Capaci, fra ricordo e retorica Scarpinato: «Coerenza tra vita e ideali»

Sono stati in tantissimi questa mattina gli uomini delle istituzioni, gli studenti e i cittadini che si sono dati il cambio al microfono dell’aula bunker dell’Ucciardone, luogo simbolo della lotta alla mafia, per ricordare i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi 25 anni fa. Seduto in seconda fila, fra gli altri, c’è anche Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte d’appello di Palermo, che a fine cerimonia riflette sul senso della commemorazione di oggi: «Bisogna evitare di cadere nella retorica – avverte subito il magistrato – Per non correre questo rischio, occorre continuare a fare il lavoro svolto dai giudici Falcone e Borsellino, sapendo essere all’altezza del loro esempio», dice a MeridioNews.

Per non scadere nei soliti luoghi comuni e nelle facili creazioni di miti, secondo Scarpinato il rimedio è uno solo: «Ci vuole soprattutto la coerenza tra la propria vita e gli ideali che si professano. Questo è quello che ci salva dalla retorica. Quando invece i discorsi non sono coerenti con lo stile di vita accade proprio il contrario, si scade nella retorica appunto».

Fra gli spettattori presenti alla cerimonia di commemorazione c’è anche Pif, per quasi tutto il tempo in piedi accanto alla porta d’ingresso. Non si perde una parola, però. E anche lui, a fine manifestazione, si ferma per palrare con la gente accorsa. Ed è inevitabile parlare anche dell’omicidio del boss di Porta Nuova Giuseppe Dainotti, avvenuto ieri mattina in via D’Ossuna e subito ricollegato all’ambiente mafioso. «La prima cosa che ho pensato quando ho sentito di questo delitto ieri è che una cosa del genere la mafia di una volta non l’avrebbe mai fatta, l’ho trovata una cosa strategicamente strana – dice a MeridioNews – Io non sono certo un esperto, ma penso sia più un fatto d’ignoranza culturale di chi ha commesso questo reato».

Che il tempismo di questo delitto possa avere un significato o meno con l’anniversario di oggi, lo lascia dire agli altri. Lui preferisce concentrarsi su quello che, a parer suo, emerge in tutta la sua pericolosa limpidezza: «Questo fatto di sangue ci fa ricordare che la mafia c’è, è meno potente rispetto a quando si celebrava qua il maxi processo, ma c’è. Se volessimo paradossalmente cogliere un aspetto forse positivo di questo fatto drammatico, direi che ci ricorda che la mafia appunto c’è ancora, e noi non possiamo far finta che non ci sia, quindi bisogna stare attenti a chi votare».

Silvia Buffa

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