Strade provinciali, il grido d’allarme delle aziende «Coi fornitori ci si incontra sulla Palermo-Sciacca»

«O campi o muori, un ci ni futti nenti a nessuno». Il vecchio adagio secondo il quale il dialetto a volte è più efficace dell’italiano torna a farsi sentire nelle parole di Vincenzo Pollara. Dall’entroterra palermitano i suoi vini Principe di Corleone si diffondono nelle tavole regionali e siciliane. Eppure l’amministratore dell’azienda che dà lavoro a una ventina di persone (senza considerare l’indotto che si genera) deve fare i conti ogni giorno con un nemico sempre uguale, ancora più sfiancante perché immobile e immutabile: la sp4, la strada provinciale che collega Corleone a San Cipirello, sulla quale sorgono i 100 ettari della tenuta Pollara. Il maltempo di questi giorni ha poi ulteriormente accentuato il conflitto.

«La conformità geologica del terreno e le condizioni climatiche – si legge nel sito dell’azienda – garantiscono una produzione di altà qualità: la fascia media delle colline, dove è concentrata la maggior parte dei vigneti della tenuta, non è aggredita da nebbie o brinate tardive, mentre il vento frequente mantiene l’aria fresca, pulita e ossigenata durante tutte le stagioni dell’anno». Peccato che poi ogni giorno si debbano fare i conti con la pessima tenuta della sp4: buche continue e interi tratti dissestati (dove l’asfalto è solo un ricordo) la fanno da padrone da anni, senza che nessuno intervenga a tutelare quella che è una vera e propria eccellenza del territorio.

«Eccellenza forse è una parola troppo grande – si schermisce Vincenzo Pollara – Di certo c’è che ci stanno facendo morire, come tutte le aziende che lavorano qui. Ci sentiamo abbandonati. Con questi collegamenti i fornitori già cominciano a dire che non vogliono portarci la merce, e sempre più spesso avviene che propongono di vederci sulla statale Palermo-Sciacca. Inoltre hanno già aumentato le tariffe, perché con queste strade disastrose rompono spesso gli pneumatici, gli ammortizzatori, le sospensioni e capita pure che grazie ai numerosi fossi il carico si ribalta». Il disagio logistico, d’altra parte, è solo uno degli aspetti che chi lavora nell’interno deve affrontare.

«Noi lavoriamo anche con gruppi di turisti, ai quali offriamo un percorso enogastronomico attraverso la degustazione dei nostri vini – continua Pollara – Ma sempre più persone scelgono di rinunciare ai nostri tour, con tutto ciò che ne consegue in termini di mancato lavoro. Le strade infatti non sono neanche in sicurezza: mancano i guard rail, la segnaletica, la manutenzione. Tutto è lasciato all’incuria assoluta. Anche i lavoratori, giustamente, vengono poi a lamentarsi da me tra coppe d’olio che saltano e motori fusi. Io personalmente negli ultimi mesi ho cambiato quattro pneumatici, e faccio notare che ho una jeep». 

Pollara, che fa parte del neonato comitato Vogliamo la strada Corleone-Partinico, punta il dito soprattutto sul «menefreghismo della politica» e sul solito rimpallo di responsabilità da parte delle istituzioni. «È tutto uno scaricabarile – lamenta ancora l’imprenditore – Il Comune dice che è colpa della provincia, la provincia dice che non ha i soldi per fare le indagini geognostiche, la Regione dice che i soldi ci sono ma manca il nulla osta da parte del commissario al dissesto per quanto riguarda le frane che a sua volta fa riferimento al genio civile. Il risultato è che stiamo morendo. E questo lo sanno tutti. Per questo abbiamo fondato il comitato: se le istituzioni non intervengono, o non ce la fanno, cerchiamo di dare noi un contributo civile».

Dopo l’incontro di domenica 17 novembre a Corleone, che ha visto anche la presenza di alcuni sindaci del territorio, questa sera ci sarà un altro appuntamento presso la sala consiliare del Comune di San Giuseppe Jato, dove è sorto un altro comitato locale che si batte per una viabilità dignitosa. All’incontro dovrebbe essere presente anche qualche funzionario della Regione. L’idea è di una nuova manifestazione, da tenersi ancora a Corleone ma che magari possa riversarsi sulle strade provinciali, e con un ulteriore approdo a Palermo

«Non c’è la volontà politica di riscattare il territorio – afferma amareggiato l’imprenditore – Anzi non fornendo nemmeno i servizi essenziali non si dà la possibilità di staccarsi dai propri retaggi. Proprio sulla sp4 sono molti i terreni che sono stati confiscati alla mafia di Corleone e dati alle cooperative sociali che li gestiscono. Per fare però l’antimafia ci vuole il giusto supporto: questi ragazzi che ogni giorno vengono qui a lavorare fanno ancora più difficoltà di noi, pare che ci sia la volontà di non fare funzionare queste aziende. E già molti cominciano a dire che di questo passo dovranno chiudere. È un sistema che blocca ogni possibilità di sviluppo».

Andrea Turco

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