Stop treni nello Stretto. Ministero: «Regione sapeva» In 10 anni passati da 56 a 2 soli collegamenti diretti

In questi giorni si gioca un botta e risposta tra Palermo e Roma sulla pelle dei siciliani e del loro diritto alla mobilità. A partire dal mese di giugno i treni a lunga percorrenza diurni non attraverseranno lo Stretto, dunque chi vorrà raggiungere le città del Centro o del Nord Italia dovrà scendere a Messina, o a Villa San Giovanni se sta facendo il viaggio inverso, traghettare a piedi e prendere un nuovo treno al di là dello Stretto per proseguire il viaggio. È questo l’annuncio che ha scatenato una selva di dichiarazioni. Il presidente della Regione Rosario Crocetta ha parlato di «scelta inaudita» e ha chiesto un incontro immediato al ministro dei Trasporti Maurizio Lupi; il sindaco di Messina Renato Accorinti reagisce alla penalizzazione annunciando una grande manifestazione.

Da Roma tuttavia, arriva una risposta che politicamente pesa come un macigno: perché vi agitate tanto se sapevate tutto da tre mesi? È questa la sostanza di una nota del 6 febbraio del ministero delle Infrastrutture (Mit) che spiega: «Le linee principali del progetto sono state delineate e condivise in una riunione del’11 novembre 2014 a cui, oltre al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi e ai vertici di Rfi e Blueferries (società controllate dal gruppo Ferrovie dello Stato, ndr), hanno partecipato l’assessore dei Trasporti della Regione Calabria Luigi Fedele, l’assessore dei Trasporti della Regione Siciliana Giovanni Pizzo, il sindaco di Messina Renato Accorinti e il suo assessore alla mobilità Gaetano Cacciola». Le scelte per cui oggi i politici siciliani annunciano legittime battaglie, dunque, erano già di loro conoscenza, addirittura condivise secondo il Mit, dunque non contrastate nell’incontro dell’11 novembre.

Al di là della polemica tra Roma e la Sicilia, però, restano le penalizzazioni per gli utenti dell’Isola. Nella nota il ministero lo definisce «progetto di rimodulazione del servizio diurno di treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia (nulla cambierà per il servizio notturno che manterrà il traghettamento dei treni)». In sostanza, come detto, i treni non verranno più smontati e fatti salire sui traghetti. Ad eccezione di quelli notturni, che rimangono solo due al giorno: uno da Palermo e uno da Siracusa, entrambi con destinazione Roma.

L’attraversamento dello Stretto si farà con navi veloci, sarà il servizio Metromare. È questo il nodo principale della rimodulazione ipotizzata dal Ministero, secondo cui così i tempi di attraversamento si ridurranno dagli attuali 80 minuti a 20 minuti. Questo dovrebbe avvenire grazie anche a interventi infrastrutturali negli scali per agevolare il passaggio treno/nave con supporto alla mobilità dei passeggeri.

In cosa consisteranno questi interventi infrastrutturali? Il ministero non lo specifica, ma qualche dettaglio in più emerge dall’ultimo incontro, tenutosi a Roma il 6 febbraio dopo le polemiche dei giorni precedenti. Secondo il deputato messinese Vincenzo Garofalo (del Nuovo centro destra, stesso partito del ministro Lupi) presente in quella sede, i funzionari del Mit hanno parlato di «tapis roulant, scale mobili e opere strutturali e infrastrutturali che rendano funzionale il servizio insieme a un maggior numero di collegamenti, servizi garantiti e assistenza passeggeri».

Tuttavia nulla si è detto a proposito dei tempi di realizzazione, mentre è certo che tra appena quattro mesi l’attraversamento dello Stretto sarà già soltanto pedonale. Con conseguenti disagi per chi viaggia con bagaglio a seguito. «Per anni – spiega Giacomo Rota, segretario generale della Cgil di Catania – il traghettamento è stato pagato con fiscalità generale. Quando l’ex ad di Ferrovie Moretti ha proceduto alla riorganizzazione, ha scaricato questo costo su Trenitalia (società delle Ferrovie che gestisce le corse, ndr), togliendolo dalle spalle di Rfi (società delle Ferrovie proprietaria dei binari, ndr). Così, però, non può funzionare. Bisogna garantire il diritto alla continuità territoriale dei cittadini e quello di fare impresa degli imprenditori, visto che alcune merci viaggiano meglio in treno che in nave».

In realtà inoltre, il servizio di Metromare esiste già, anche se in forma ridotta. Si tratta di aliscafi e navi veloci, alternative al più lento traghetto e quindi anche al treno, che coprono la distanza Messina-Villa San Giovanni in circa 25 minuti. Adesso il ministero ne annuncia il potenziamento: «Nella Legge di Stabilità sono stati stanziati i fondi per la gara che garantirà il servizio nei prossimi tre anni. Il bando è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 31 gennaio 2015». Sempre a proposito di fondi, il Mit precisa che quelli destinati a Trenitalia dal contratto di programma «non vengono assolutamente meno». Quindi si presuppone che la soppressione dei treni a lunga percorrenza a partire da giugno non corrisponda a una diminuzione di finanziamenti del ministero delle Infrastrutture, ma a una scelta aziendale che non è stata contrastata nelle sedi opportune.

Di tutto questo, infine, si discuterà ancora. «Il progetto allo studio verrà discusso per la sua approvazione con gli enti locali coinvolti (Regione Calabria, Regione siciliana, Comuni di Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni)», ha annunciato il Mit. Una scelta sbagliata, secondo Francesco Russo, esperto di Trasporti e docente all’università di Reggio Calabria, che si è più volte espresso su questi temi. «Quanti cittadini di Messina e di Reggio Calabria prendono i treni a lunga percorrenza? – spiega il professore – Si tratta di percentuali molto basse. Il confronto non va fatto con i sindaci di queste città, ma con quelli dei centri da dove partono la stragrande maggioranza degli utenti: quindi con i sindaci di Catania, Palermo e Siracusa. Si parla sempre e solo degli interessi dell’offerta, mai di quelli della domanda. Ma esistono ancora gli utenti in questo Paese?».

Restano i numeri a delineare il quadro di una lenta ma costante desertificazione dell’offerta: nel 2005 i treni a lunga percorrenza diretti dalla Sicilia al Nord erano 56, nel 2012 si sono ridotti a dieci, da giugno ne rimarranno solo due. «La paura – conclude il segretario della Cgil Rota – è che a breve scompariranno anche questi ultimi».

Salvo Catalano

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