Con i giornalisti non ci ha mai voluto parlare. Fino a ieri è rimasta in silenzio, sempre presente in tribunale, seduta tra le panche del pubblico, accanto ai genitori di Stefania e ai membri dell’associazione Sen, quella che da Stefania Erminia Noce prende il nome. Chiara, usiamo uno pseudonimo, a Licodia Eubea vive a poche case di distanza dall’abitazione di quell’amica assieme alla quale è cresciuta, con la quale ha condiviso la stanza a Catania all’inizio dell’esperienza universitaria di entrambe. L’ultima volta che l’ha vista era l’una di notte del 27 dicembre 2011, l’ha salutata davanti alla porta ed è andata a dormire. A 12 metri di distanza, Loris Gagliano le osservava con una balestra. A lui, ieri mattina, al tribunale di Catania, è stata confermata la pena dell’ergastolo, alla quale era stato condannato in primo grado per il duplice omicidio premeditato della sua coetanea ed ex fidanzata Stefania Noce e del nonno di lei, il 71enne Paolo Miano, e per il tentato omicidio della nonna di Stefania, Gaetana Ballirò. «Sono stata arrabbiata con Stefania per tantissimo tempo e sono arrabbiata ancora: perché non è stata abbastanza attenta, perché si è lasciata tranquillizzare dalle sue parole, perché non ha applicato a se stessa le rivendicazioni che sosteneva per gli altri», dice Chiara.
«Io e Stefania siamo state amiche per tutta la vita – racconta – Eravamo amiche in senso stretto, intendo. A Catania condividevamo la stanza, ho visto nascere la sua storia con Loris. Lui era amico del mio ex ragazzo, si sono conosciuti così». Una relazione durata quattro anni, «che a me non è mai piaciuta. Stefania era testarda, non ascoltava i consigli di nessuno e neanche i miei. Lui l’ha cambiata, lei si è data a lui completamente, si è abbandonata al loro rapporto». Una storia normale, «non mi sono mai permessa di giudicarla». «C’erano i problemi che ci sono in tutte le coppie, ma nessuno mai avrebbe potuto immaginare che sarebbe andata a finire così». Due anni dopo l’inizio della relazione, Loris e Stefania si lasciano per la prima volta: «L’ha chiamata da Roma (dove lui studiava alla facoltà di Psicologia, ndr), aveva iniziato una storia con un’altra ragazza, Stefania era a pezzi». Ma poi lui è tornato sui suoi passi, «ha iniziato a tartassarla di telefonate, io le dicevo di non rispondergli, di non ricominciare tutto così facilmente. Ricordo un compleanno di Stefania in cui lei era dimagrita tantissimo».
Nonostante la crisi momentanea, i due giovani, all’epoca 22enni, tornano insieme. «Io non sapevo della passione di Loris per le armi, ma Stefania sì, Stefania lo sapeva benissimo – si accalora Chiara – Mi hanno raccontato che una sera erano ospiti a casa di alcuni amici e lui prima di andare a dormire ha preso un coltello e lo ha posato sul comodino». L’abitudine di Gagliano di portare con sé armi da taglio è stata uno degli elementi usati dalla difesa nel processo di primo grado: se quel 27 dicembre nella Ford Ka con la quale Loris è andato da Caltagirone a Licodia Eubea c’erano un’arsenale di coltelli, secondo i suoi legali non era perché avesse premeditato l’omicidio ma perché erano un suo hobby. «Lei cercava sempre giustificazioni per lui, perché lui le dava stabilità. Lei era convinta di essere sola, aveva paura di rimanerlo e per questo non vedeva in lui quello che detestava negli altri: lei era una femminista, era un’attivista contro la violenza sulle donne e non ha visto quello che le succedeva davanti». Non aveva visto che «lui era frustrato, non frequentava quasi più le lezioni, studiava poco, la invidiava perché lei invece era sempre stata un’ottima studentessa». Una lite dietro l’altra, Stefania Noce e Loris Gagliano trascinano il loro rapporto fino al Natale 2011.
«La sera del 26 dicembre le ho chiesto di vederci, l’avevo sentita in chat, avevo capito che era strana e le ho detto: “Stefania, esci”». Così Chiara ha organizzato la serata con un altro amico: «Loris ha detto che si era ingelosito perché lo ha visto andarla a prendere sotto casa, ma secondo me non è vero. Intanto perché c’ero anche io, e poi perché quello era un amico che pure lui conosceva, con il quale pure lui era uscito. Sapeva che con Stefania non c’era niente». Quella sera Stefania racconta a Chiara «che Loris le aveva rubato le chiavi di casa, che le aveva nascosto una tesina che le serviva per un esame universitario, che aveva continuato a pressarla. Le ho detto “Stefania, non è normale, denuncialo“. Intorno all’una l’ho salutata, l’ho lasciata a casa».
L’indomani mattina, qualche minuto dopo le dieci, Loris Gagliano usciva coi vestiti coperti di sangue da casa di Stefania, a pochi numeri civici di distanza da casa di Chiara: «Io mi ero appena svegliata quando mi hanno detto che Stefania era morta. Non si sapeva ancora cosa fosse successo, il mio primo pensiero è stato che lei avesse fatto una cavolata, che si fosse suicidata». Invece le cose erano andate diversamente. «Stefania non si è preoccupata, non le è venuto il dubbio che lui fosse pericoloso, sempre perché gli voleva bene. Stefania era buona, non riusciva a vedere il male negli altri. Rimaneva delusa spesso, perché dava fiducia alle persone. Stefania credeva nella gente. E adesso non c’è più. Adesso ci resta solo il sollievo temporaneo di sapere che la giustizia ha fatto il suo corso». Ma restano anche una piazza di Licodia Eubea intitolata a Stefania Noce, e un’aula all’ex Monastero dei Benedettini, sede del dipartimento di Scienze umanistiche del quale Stefania era una studentessa: «Per me l’impegno è stato un modo per non pensare a quello che è successo e per ricordarla coi fatti, costruendo qualcosa per lei».
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