Tra le conseguenze dell’inchiesta Garbage affair – con cui la procura di Catania ha scoperchiato un presunto giro di tangenti in cui sono coinvolti funzionari del Comune e imprenditori della monnezza – c’è pure un netto rallentamento del piano di riqualificazione delle spiagge libere della Plaia. La ragione è semplice: il primo rup del progetto era Leonardo Musumeci, dirigente della direzione Ecologia e Ambiente accusato di turbata libertà degli incanti. Pochi giorni fa, tuttavia, il Comune ha individuato il nuovo responsabile unico del procedimento: è il geometra Salvatore Longo. I lavori, dunque, possono riprendere. Con una tabella di marcia diversa, forse meno immediata.
La cosiddetta liberazione delle spiagge libere è il progetto che ha «vinto» la selezione avviata alla fine del 2017 per la democrazia partecipata, un meccanismo di scelta dal basso tra diverse ipotesi progettuali a cui Palazzo degli elefanti assegna un fondo da circa 300mila euro, più o meno il due per cento del denaro che la Regione trasferisce ogni anno al Comune. L’assessore ai Lavori pubblici Michele Giorgianni conta di completare – come risultato minimo – la prima delle tre spiagge libere entro l’1 maggio. «Gli interventi non sono così tanti – spiega – vanno demolite le costruzioni in cemento e conferiti in discarica i materiali. Infine bisognerà acquistare le attrezzature».
Frattanto, il 23 marzo la Regione Siciliana ha pubblicato il decreto in cui, annualmente, vengono indicati i tratti di litorale in cui è vietato immergersi in acqua. Nel Catanese le porzioni di costa interdette corrispondono a quelle individuate già 12 mesi fa. A Catania, si tratta del’area del porto, con la stazione centrale e il torrente Acquicella (suddivisa in due settori, nel complesso misura poco meno di un chilometro), insieme a due piccole aree da 30 metri ciascuna, l’immissione in piazza Europa e la zona dei villini a mare. Il Comune di Calatabiano dovrà rinunciare alla balneabilità degli oltre 600 metri della foce dell’Alcantara e dei 100 metri di costa interessati dal torrente Minissale.
A Mascali niente tuffi per 200 metri dalle parti del torrente Anguillara, oltre che nei 575 metri su cui sfocia il torrente Macchia. Sono off limits per i bagnanti anche 150 metri di spiaggia a Riposto, dalle parti di via Colombo. L’intera area ionica è legata anche al depuratore di Mascali, sul cui funzionamento ha indagato la procura di Catania.
Ad Acireale è vietato fare il bagno sulla scogliera di Capo Mulini, completamente interdetta, da via Garitta fino alla fine della baia. Ad Aci Castello, infine, sono quasi 600 i metri di costa da evitare: quasi 500 in corrispondenza del porticciolo Vecchio di Aci Trezza e 100 dal lungomare Scardamiano fino al porto castellese. A queste aree vanno aggiunte – per ragioni di sicurezza – tutte quelle in cui ricadono i porticcioli turistici o commerciali della provincia etnea.
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