A parole la solidarietà alle sorelle Napoli la danno tutti. Nei fatti poi quasi nessuno. Domenica sera la piazza di Mezzojuso resta praticamente vuota, come accertano le telecamere di La7. Il sit-in a sostegno delle tre donne, proprietarie di 76 ettari di terreni a mille metri di altezza e vittime di intimidazioni lunghe 20 anni, vede partecipare una dozzina di persone. Un po’ poco rispetto alle intenzioni e ai contatti allestiti da Salvatore Battaglia, l’agente assicurativo che ha provato fino all’ultimo a mobilitare il paese di nemmeno tremila anime.
Tra i pochi a metterci concretamente la faccia c’è Giuseppe Piraino, l’imprenditore palermitano balzato recentemente agli onori delle cronache con l’operazione Cupola 2.0 (che ha sgominato il tentativo di riorganizzare una nuova commissione provinciale di Cosa nostra) e che ha filmato con una telecamera nascosta l’estorsore che nel cuore del quartiere Capo aveva provato a imporre il pizzo alla ditta edile ditta Mosina Costruzioni srl. «Sono qui perché innanzitutto Salvatore è una delle tante persone che si è attivata in Sicilia contro persone micrognose – ha detto Piraino – che sono la feccia di questa regione e meritano di essere sputtanate a livello mondiale. Possiamo essere in pochi, ma loro rimarranno dei mafiosetti».
E mentre le sorelle Napoli ricordano le 29 denunce ai carabinieri contro la cosiddetta mafia dei pascoli, il conduttore Massimo Giletti torna ad attaccare la giunta e l’intero Comune. È pur vero che alla conferenza stampa organizzata sabato a Palermo, il sindaco Giardina aveva da una parte ribadito la scelta di disertare l’invito a scendere in piazza e dall’altra aveva esorato la gente ad andare. E Giletti contesta la linea difensiva scelta dal primo cittadino, che aveva sempre in quell’occasione ribadito di essere venuto a conoscenza della vicenda delle sorelle Napoli da neanche un anno e mezzo «perché io faccio il sindaco e non il carabiniere».
«Lei è sindaco da due mandati – ha dichiarato il conduttore in un virtuale faccia a faccia -, è credibile quando dice che ha saputo solo dopo l’articolo di Repubblica a settembre 2017? Io non ho mai detto che a Mezzojuso sono tutti mafiosi, ma non è credibile che un sindaco di tremila abitanti non sapesse quel che avveniva. Ora lei mette all’improvviso foto di Falcone e Borsellino, che prima della nostra trasmissione non aveva mai inserito». Probabilmente consapevole che il conduttore tv lo avrebbe attaccato, sabato Giardina aveva dichiarato a MeridioNews di «sentirsi come Rocky, che magari prende colpi fino alla quattordicesima ripresa ma poi raccoglie le energie e alla quindicesima ripresa mette ko l’avversario».
Una puntata, quella andata in onda domenica sera, che ha visto più volte la tensione farla da padrone (come in ogni talk show che si rispetti): Giletti contro la troupe, Di Pietro contro Girolamo, e soprattutto abitanti di Mezzojuso uno contro l’altro. Le telecamere di La7 hanno inseguito a lungo Antonino Tantillo (detto Nenè), che secondo le indagini della Procura di Termini Imerese è l’autore della sassaiola che nel 1998 dà il via alle minacce e le violenze subite dalle sorelle Napoli. L’uomo, padre del presidente del Consiglio comunale che si è recentemente dimesso in seguito alle polemiche, è rimasto in silenzio. Una puntata confusa, che finisce con minacce di querele a destra e manca, e dove resta inascoltato l’appello dell’ex magistrato di Mani Pulite Antonio Di Pietro: «i processi non si fanno in tv».
Intanto poco prima della trasmissione Giardina aveva preso le distanze dal neo assessore Nicolò Gebbia, grande accusatore delle sorelle Napoli, che le aveva paragonate ai figli di Bernando Provenzano. «Devo precisare che l’affermazione del generale Gebbia appartiene al suo libero pensiero di privato cittadino e non a quello di componente della giunta – ha affermato il primo cittadino – Anche perché non ne abbiamo mai discusso e mai nulla di conseguenza è stato deciso in proposito. Penso che il generale Gebbia abbia voluto lanciare una provocazione o citando questo caso volesse sollevare un problema, quello di figli che hanno una condotta onesta e pulita, ma che devono fare i conti con l’eredità lasciatagli da un padre che è stato, come dice lui, mafioso doc. Che certamente non facilita la vita e anzi rende in qualche modo anche loro delle vittime. Questa opinione si può condividerla o no, dibatterla o no, ma certamente non c’entra nulla con la questione delle sorelle Napoli e con l’amministrazione che rappresento».
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