Il vento catalano soffia forte e non solo a Barcellona. Nella città catalana, come abbiamo appreso dai media spagnoli, il referendum per l’indipendenza da Madrid, si è concluso con un plebiscito: l’80,2% dei catalani ha detto sì. Sappiamo anche, che la Corte Costituzionale spagnola, ha disinnescato la bomba giudicandolo incostituzionale. Il referendum, quindi, non ha valenza legale. Ma, di certo è l’ennesimo chiarissimo segnale che la Catalogna invia alla Capitale spagnola.
Ma il vento catalano scuote anche l’Italia. Lo conferma il sondaggio realizzato da Demos per Repubblica. I risultati, infatti, sono dirompenti, anche se non del tutto sorprendenti. A guidare la classifica delle regioni a vocazione indipendentista, infatti, è il Veneto con il 53% dei suoi cittadini che si dice favorevole all’addio all’Italia. Segue la Sardegna, dove i movimenti indipendentisti sono molto radicati, che si piazza al secondo posto con il 45%.
Al terzo posto, con il 44% ecco la Sicilia.
Seguono il Piemonte con il 37%, la Lombardia e il Lazio con il 35%. E poi la Toscana, con il 25% e la Puglia con il 22%. In fondo alla classifica la Calabria e la Campania (18), l’Emila 15) e le Marche (9%).
Il dato della nostra regione sorprende fino ad un certo punto. La storia ci insegna che la vocazione indipendentista è insita nel dna dei siciliani. Sappiamo anche che, all’indomani della seconda guerra mondiale, la Sicilia fu a un passo dall’Indipendenza, ma conquistò l’Autonomia: lo Stato italiano, dopo una serrata negoziazione, accettò quello Statuto, quale vero e proprio patto pacificatorio tra Italia e Sicilia, con Regio Decreto del 15 maggio del 1946, pur di non perdere il controllo dell’Isola.
Ma non è solo una questione di dna storico- culturale. Ne è convinto Massimo Costa, docente di Economia all’Università di Palermo e tra i principali esperti in tema di Autonomia (con particolare riguardo agli aspetti finanziari) che a Meridionews dice:
«Anche se ci fosse qualche errore in questo sondaggio, e mi riferisco al fatto che non conosciamo la campionatura, il segnale mi sembra forte e chiaro: i Siciliani si sono stancati di un rapporto con l’Italia che a loro non porta nulla di buono.
«Il risultato- aggiunge il prof Costa- mi sorprende fino ad un certo punto quindi. C’è da anche da considerare che è molto realistico per il Veneto, così come lo è per altre regioni, come quelle rosse, dove il tema non è mai stato noto. Quindi, presumibilmente, è corretto anche per la nostra regione.
«Che dire?- chiosa il docente universitario-nonostante una propaganda anti Sicilia e anti autonomistica portata avanti dai politici e dai media anche siciliani, la verità sta venendo fuori. I Siciliani non sono stupidi e i politici dovrebbero raccogliere questo segnale invece di continuare a compiacere le segreterie nazionali dei loro partiti».
Interessante anche la lettura del fenomeno indipendentista italiano che aveva dato, qualche mese fa, Luca Ricolfi, sociologo abbastanza apprezzato (nonostante certe tesi eccessivamente ‘nordiste’):
«La spinta secessionista è destinata a rafforzarsi nel nostro Paese. L’Italia così come è non ha mai funzionato e il federalismo non ha preso forma. E’ logico quindi, – ha detto Ricolfi- che nei prossimi anni, sempre più territori si faranno sentire. Nel nostro Paese come in altri».
La spinta secessionista, nell’analisi del sociologo, è, in poche parole, la risposta che le regioni danno ai diktat di Stati centralisti asserviti a logiche finanziarie che sempre meno rappresentano i territori.
Una risposta che, con sempre più forza, arriva anche dalla Sicilia.
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