Solo 25 richieste per la campagna antisisma A Catania la messa in sicurezza non decolla

Sensibilizzare i cittadini e offrire uno strumento gratuito per la prevenzione del rischio sismico. Era questa l’idea alla base della campagna Trema ma non crolla, lanciata ad aprile dello scorso anno dall’Ance di Catania e conclusasi dopo tre mesi. L’iniziativa si rivolgeva ai proprietari di edifici in cemento armato, alti almeno tre piani e costruiti tra il 1965 e il 1981. Ma la possibilità non ha trovato adeguata risposta nei catanesi. «Abbiamo effettuato una ventina sopralluoghi, ma le richieste che ci sono giunte non superavano le venticinque unità», spiega il direttore dell’Ance Giovanni Fragola.

Un numero estremamente basso di richieste pervenute, nonostante la diffusione di flyer informativi sulla campagna e nonostante i limiti di budget che non avrebbero in ogni caso concesso di svolgere una quantità maggiore di sopralluoghi e consulenze. «Quest’attività è da considerare più un progetto pilota, il rilevamento di un campione ideale per farci un’idea di quali siano le condizioni di buona parte del patrimonio edilizio della città». Dopo aver effettuato le rilevazioni avvalendosi della collaborazione di un team di ingegneri strutturisti, l’Ance ha recapitato ai proprietari degli edifici interessati una relazione per spiegare quali sarebbero stati gli interventi necessari, nella speranza che vengano effettivamente messi in atto. Fino a oggi, infatti, nessuno dei proprietari dei venti edifici visitati sta provvedendo alla messa in sicurezza perché pare che le difficoltà inizino già col mancato accordo tra i diretti interessati: «Trattandosi per lo più di condomini, la proprietà è frazionata ed è quindi difficile procedere con interventi che possono essere più o meno invasivi e che hanno un costo».

È sufficiente che un solo proprietario si opponga per bloccare l’avvio di qualsiasi lavoro. Che nonostante l’esistenza di varie forme di sgravio fiscale, spesso costituisce una spesa che i privati non riescono a sostenere. A proposito di costi e agevolazioni fiscali, esiste un fondo di 4 milioni e 700mila euro per l’adeguamento antisismico delle abitazioni destinato alla regione Sicilia dall’ordinanza ministeriale n. 52 del febbraio 2013. Per poter accedere a questo fondo, i privati avrebbero dovuto presentare una richiesta entro lo scorso gennaio al Comune, per poi attendere la pubblicazione di una graduatoria regionale e le effettive disposizioni sull’avvio dei lavori. E proprio lo scorso novembre, il Comune di Catania ha annunciato l’apertura di uno sportello che avrebbe fornito supporto ai proprietari di edifici a rischio, offrendo informazioni e assistenza sulle modalità di richiesta di accesso al fondo. Come sia effettivamente andata quest’attività di consulenza, quante siano state le pratiche inoltrate e quali saranno i passi successivi di questo iter al momento non è dato sapere: interpellata da CTzen, il dirigente responsabile non ha voluto rendere conto del proprio operato, evitando più volte di concedere un’intervista.

Il rischio crollo a Catania riguarda più o meno l’ottanta per cento delle costruzioni pubbliche e private. Molte dovrebbero in realtà essere demolite e ricostruite, date le condizioni di instabilità e deterioramento in cui versano. Altre dovrebbero essere sottoposte al più presto a interventi di vario tipo. Come spiega il professore Ivo Caliò del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Catania, che ha effettuato vari studi sul territorio catanese e collaborato in sinergia con l’Ance, «si possono effettuare interventi tradizionali di rinforzo come l’inserimento di setti in cemento armato, oppure optare per l’isolamento delle basi dell’edificio, così da depotenziare l’effetto della scossa ai piani superiori». Si tratta di operazioni il cui costo si aggira approssimativamente intorno ai trecento euro a metro quadro. Che sarebbero 30mila euro per un appartamento di cento metri quadri, col 65 per cento della spesa deducibile dalle tasse nell’arco di dieci anni.

A questo quadro si aggiunge un ulteriore elemento: il valore commerciale degli immobili a Catania non è attualmente correlato al loro livello di sicurezza. Un edificio a rischio crollo può trovarsi in zone prestigiose della città e avere solo per questo motivo un costo elevato. Secondo il professor Caliò si dovrebbe dotare gli edifici di una certificazione sismica che attesti la capacità dell’immobile di resistere a un terremoto: «Che ci si trovi al lungomare o in un quartiere popolare, il rischio è il medesimo. Aumentare il valore di mercato delle case più sicure e deprezzare quelle a rischio sarebbe un modo per incentivare gradualmente la messa in sicurezza delle stesse». Sulla medesima lunghezza d’onda l’Ance, che punta al mercato delle assicurazioni e propone la stipula di polizze il cui costo sia effettivamente proporzionale al livello di sicurezza della casa: più solido lo stabile, minori i costi da sostenere. Il divario tra ciò che si dice e ciò che si fa a Catania è tangibile. In mezzo, rimangono le tantissime costruzioni che non rispettano i criteri antisismici, tenute in piedi soltanto dalla fortunata e momentanea assenza di un terremoto.

Ornella Balsamo

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