Società regionali, ovvero il festival delle chiacchiere inconcludenti

Palermo, lunedì 5 dicembre, villa Malfitano. Si celebra il ‘festival delle chiacchere’ inconcludenti. Il titolo è roboante quanto vacuo: “Le imprese pubbliche siciliane tra legalità e politiche di sviluppo”. Auspice l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao. Assenti, rispetto al programma il professore Alberto Stagno d’Alcontres e l’ambasciatore Umberto Vattani, entrambi impegnati a Roma per missioni inerenti ai loro incarichi. L’ambasciatore Vattani, presidente della società regionale Sviluppo Italia Sicilia, è stato sostituito dal dottor Paradiso, dirigente della medesima società. Il coordinamento dei lavori è stato affidato al dottor Pier Luigi Mattia.
Di grandi interesse le acrobazie concettuali e dialettiche operate dai due giuristi che hanno aperto la discussione di merito, i professori Riccardo Ursi e Marco Dugato. Le loro relazioni si sono arrampicate arditamente tra il decreto Bersani e quello Brunetta, nonché su pronunciamenti giuridici e giurisprudenziali della Corte dei Conti, con riferimento alla natura delle società di forma privatistica e il ruolo del loro capitale di rischio di provenienza pubblica che è all’origine della loro esistenza; concludendo che questa esperienza dal punto di vista giuridico è terra di nessuno che bisognerà esplorare.
Il dottor Vincenzo Emanuele, ragioniere generale della Regione siciliana, con un linguaggio felpato da navigato burocrate di alto profilo ha detto in sostanza non c’è alcun bisogno di società partecipate dalla Regione per fare le cose a cui le società sono preposte, perché la Regione con i suoi apparati sarebbe in grado di farle egregiamente. L’assessore Armao ha ricostruito il percorso storico della legislazione della Regione siciliana nella politica dell’intervento pubblico in economia a partire dalla Sofis (Società finanziaria siciliana) per arrivare alla presente esperienza, passando per gli ormai disciolti enti economici regionali. Senza, però, dare alcuna indicazione sugli orientamenti della Regione circa gli indirizzi e gli obiettivi di politica generale, sulla crescita economica e sullo sviluppio produttivo dell’economia siciliana. A conti fatti, una spolverata sull’universo mondo senza che vi fosse un minimo accenno all’economia reale, alla creazione di ricchezza e di valore aggiunto e alla competitività che il mercato di ogni livello (locale, europeo e globale) pretende.
Nella sessione pomeridiana, moderata dal giornalista Salvatore Parlagreco, si sono avvicendate le relazioni del professore Antonio Purpura, del generale Domenico Achille, del dottor Felice Bonanno e dei professori Sebastiano Torcivia e Carmine Bianchi. Tranne il professsore Purpura e il gen. Achille, gli altri hanno sostenuto la validità del ruolo delle società a partecipazione pubblica regionale, magari mettendone in evidenza le precauzioni che il decreto dell’assessore all’Economia ha introdotto sia sull’osservanza della legalità, sia sul temperamento delle retribuzioni e sulla possibilità di acquisire mediante queste società forti competenze professionali presenti nel mercato. Il generale Achille, oltre ad illustrare le competenze ed il ruolo che la Guardia di Finanza svolge sul territorio nazionale, nonché la sua articolazione organizzativa e funzionale, ha dettagliato il contenuto del protocollo d’intesa raggiunto con il governo della Regione in materia di accertamento e di verifica dell’esito delle erogazioni contributive che la Regione opera verso i soggetti privati affinché siano effettivamente utilizzate ai fini per i quali sono stati ottenuti.
Un intervento da par suo ha svolto il professor Purpura, spingendo in modo deciso verso la competitività del mercato, specie sulla capacità imprenditoriale, condizioni indispensabili per essere sempre più innovativi e promotori di prodotti ad alto valore aggiunto. Progetto economico-imprenditoriale i cui presupposti sono la ricerca e l’innovazione tecnologica. Intervento, questo, di sicuro livello teorico e dottrinario, ma fuori tema giacché per niente collimante con la natura e le funzioni delle aree strategiche individuate per l’operatività delle società a partecipazione regionale.
Alcune brevi notazioni sulla rassegna delle opinioni dei 10 relatori che si sono succeduti nel corso del convegno. In primo luogo nessuno, dicasi nessun o ha fatto riferimento al presupposto normativo che regola la costituzione delle società a partecipazione regionale. Il parere obbligatorio e vincolante espresso dalla II commissione legislativa (Bilancio e Finanze) dell’Assemblea regionale siciliana, in ossequio alla disposizione contenuta nell’articolo 20 della legge regionale n.11 del 2010, vincola una parte di queste società (che sono ancora 34 e non 14) all’esclusiva committenza pubblica. La qual cosa, in partenza, elimina qualsiasi riferimento al mercato ed alle sue regole. In secondo luogo il decreto assessoriale del settembre scorso nel suo incipit contiene la finalità per la quale nascono le società a partecipazione regionale: per meglio perseguire le finalità istituzionali.
Nessuno, infine, ha detto delle ragioni per le quali non si riesce a conoscere i dati gestionali e di bilancio delle 34 società partecipazione regionale che si intendono ridurre a 14. Il dottore Emanuele ne ha fatto cenno dicendo che molte società si rifiutano di darne conto. Ci chiediamo e chiediamo: come sono stati approvati i bilanci degli anni precedenti senza che i rappresentanti del socio di maggioranza ne prendessero atto in sede di assemblea dei soci? C’è qualcosa che non torna. Sarebbe opportuno un giudizio di responsabilità nei riguardi delle persone fisiche che, per conto della Regione, hanno partecipato a quelle assemblee.

 

 

Riccardo Gueci

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